Neque enim est consentaneum ullam honestam rem actionemve, ne sollicitus sis, aut ...
Infatti non è corretto che tu non ti faccia carico di alcuna cosa o azione onesta, o che, una volta che te ne sia fatto carico, la abbandoni, affinché tu non sia preoccupato.
Perché, se evitiamo la preoccupazione, allora deve essere evitata la virtù, la quale è inevitabile che respinga e odi le cose a sé contrarie, come la bontà (respinge ed odia) la cattiveria, la moderazione (respinge ed odia) la dissolutezza, la determinazione (respinge ed odia) la pigrizia; e così si può vedere che gli uomini giusti si rammaricano enormemente degli atti ingiusti, i determinati degli atti vili, i moderati degli atti scandalosi.
Quindi, questo è caratteristico di un animo correttamente fondato, rallegrarsi delle buone azioni e rammaricarsi delle cose opposte. Per questa ragione, se sul saggio scende una sofferenza dell'animo, che si di certo scende, a meno che non crediamo che dal suo animo sia stata tolta l'umanità, qual è la ragione perché togliamo dalle fondamenta l'amicizia dalla vita, al fine di non farci carico di fastidi per causa di quella?
Che differenza c'è, infatti, una volta rimosso lo sconvolgimento dell'animo, non dico tra un essere umano e un capo di bestiame, ma tra un essere umano e un tronco o una pietra o una qualsiasi cosa del medesimo genere?