Il maestro ideale

Inizio: Praeceptor nec habeat vitia nec ferat. Non austeritas eius tristis, non dissoluta sit comitas, ne inde odium hinc contemptus oriatur. ...

Il maestro non abbia vizi né li permetta. La sua severità non sia rigorosa, né la benevolenza eccessiva, in modo che non nasca da quella l'odio, da questa il disprezzo.

Parli moltissimo di ciò che è buono e onesto; infatti quanto più spesso ammonirà, tanto più raramente castigherà. Non sia affatto iroso né trascuri quelle cose che sono da biasimare; sia chiaro nell'insegnare, lavoratore, assiduo piuttosto che eccessivo.

Risponda volentieri a quelli che lo interrogano, si rivolga di sua iniziativa a quelli che non lo fanno. Riguardo alle risposte date dagli alunni e che gli sembrano degne di lode non sia avaro né prodigo, poiché l'avarizia (di parole di lode) genera la noia per il lavoro; la prodigalità, presunzione.

Nel punire ciò che lo merita, non sia acerbo e offensivo; invero proprio questo allontana molti dal proposito di studiare e cioè che alcuni rimproverano come se odiano (il docente) dica ogni giorno qualcosa, anzi molte cose che poi quelli che lo ascoltano ripetano tra di sé.

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