Archia è degno della cittadinanza romana - Verba Manent
Quotienscumque ego, iudices, Archiam carmina.... Praesertim cum omne olim studium atque omne ingenium contulerit Archias ad populi Romani gloriam laudemque celebrandum.
O giudici, tutte le volte che io ho ascoltato Archia mentre recitava delle poesie, sono stato pervaso da grande ammirazione, e allietato da un piacere dolce, ed ho sempre considerato degno di grandi elogi il nome del poeta.
Dunque non dovrei amarlo?Non dovrei ammirarlo? Non dovrei difenderlo con ogni argomento? Se dunque, o giudici, possa essere sacro presso di voi, uomini assai colti, questo nome di poeta, che mai nessuna barbarie ha violato! I macigni e i deserti rispondono alla voce di lui, spesso le bestie feroci vengono domate dal canto e si arrestano; e noi non dovremmo essere commossi dalla voce dei poeti?
Gli abitanti di Colofone sostengono che Omero sia loro concittadino, quelli di Chio lo rivendicano a sè, Salamina lo reclama; quelli di Smirne, poi, ne sono così convinti che gli hanno persino dedicato un tempio entro le sue mura; numerosi altri se lo contengono con accanimento. Dunque là si reclama come proprio, solo perché era poeta, uno straniero anche dopo la sua morte, e noi Archia qui, che è vivo e che vuol essere nostro e lo è per legge, lo rifiutiamo?
Tanto più che Archia ha messo tutta la sua arte ed il suo talento al servizio del popolo Romano, per celebrarne la grandezza ed il prestigio.