Cum Iason et Medea ante draconem pervenerunt monstrum ex suis oculis ...
Quando Giasone e Medea giunsero davanti al drago, la creatura portentosa vibrava folgori dai propri occhi.
Ma Medea, mentre protendeva le mani e il bastone verso gli astri, già intonava incantesimi barbarici, e invocava il dio Sonno con queste parole: O Sonno onnipotente, io, che spesso placai le nuvole e i fulmini, ti invoco da tutto il mondo, ora vieni qui, tu che sei somigliante a tuo fratello, la Morte, ora cala su quest'unico drago!
Ed anche tu, o fedele guardiano, distogli gli occhi dal vello! Che cosa temi? Custodirò io stessa il vello; nel frattempo tu abbandona il lungo lavoro e riposa! Il drago venne colpito dal principio del sonno ma si spaventò e scacciò il dolce sonno. Allora Medea lanciava un veleno del Tartaro mentre scuoteva il bastone del Lete, e intonava un incantesimo maligno.
Quando le parole magiche di Medea giungevano alle orecchie del drago, un dolce sonno placava (sedabat) la sua collera ardente; e così la maga, per mezzo della lingua e per mezzo della mano, logorò tutta l'energia del drago, e alla fine l'enorme testa dell'animale crollò al suolo.