Enea fugge da Troia in fiamme

Vergilius clarus poeta Romanus miseram oppidi Troiae fortunam fugamque Aeneae in Aeneide narrare voluit. …

Virgilio, l’illustre poeta Romano, nell’Eneide volle narrare la sventurata sorte della città di Troia, e la fuga di Enea.

Infatti, come egli scrive, i Greci, dopo che ebbero conquistato Troia grazie al tranello del cavallo di legno, assalirono le strade della città e la reggia di Priamo, distrussero con le fiamme sia gli edifici pubblici e privati, sia i templi degli dèi, non risparmiarono neppure le donne, i vecchi e i fanciulli, sottrassero la ricchezza degli abitanti e fecero un grande bottino.

A quel punto, dopo che Troia fu stata incendiata dai Greci, Enea, il figlio di Anchise e della dea Venere, fu costretto ad abbandonare la patria, sebbene non volesse (lett. : “sebbene non voleva, anche se non voleva”). Insieme al padre e al piccolo figlio Ascanio, (Enea → soggetto sottinteso)

salpò da Troia e, su ordine di Mercurio, il messaggero di Giove, si mise in cerca di una nuova patria attraverso il mare.

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