Il mito di Giacinto
Versione Verba Manent pagina 278 numero 2
Adulescens Hyacinthus, regis Laconiae filius, propter suam mirabilem corporis formam, a deo Apolline ut ludorum venationisque comes delectus erat; ... mollibusque hyacinthis convestiuntur
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L'adolescente Giacinto, figlio del re della Laconia, per la sua straordinaria bellezza fisica (lett. del corpo), fu scelto dal Dio Apollo come compagno di giochi e di battute di caccia;
e così, presso le rive del fiume Eurota e per i boschi di querce (querceti) della Laconia, spesso il dio e il suo amico erano soliti cacciare gli animali selvatici od allenare i corpi con la corsa o con altre gare ginniche; ma un giorno, sciaguratamente, un disco lanciato da Apollo deviò e cadde sulla testa dello sfortunato Giacinto.
Abbondante sangue fuoriuscì dalla ferita, il volto del giovane diventò pallido, le membra si piegarono e il corpo di lui giacque a terra. Accorse anche il Sole, ma neppure il suo calore poté fermare il flusso del sangue. Tutte le cose furono vane: il misero Giacinto chiuse i propri occhi e morì. Apollo, oppresso dal dolore, gridò presso il cadavere dell’amico: "Sei morto, o sciagurato amico, poiché le mie mani hanno portato via la tua giovinezza; per questo io ti trasformerò in un fiore e ti donerò l’immortalità.
Ogni anno, a primavera, con le carezze del Sole verrai richiamato ad una nuova vita, e rivivrai come un fiore meravigloso. E così, da allora in poi, quando risplende la primavera, i prati si rivestono di variopinti e delicati giacinti.