Alessandro come Achille

Ducebat ipse rex antesignanos et, dum incautius subit, saxo crus eius adfligitur. Innixus tamen telo, inter primores dimicat, ira...

Lo stesso re [guida(va)] i legionari, mentre avanza(va) molto imprudente, una pietra percuote(va) la sua gamba.

Tuttavia appoggiandosi alla lancia combatte(va) tra i soldati delle prime file, acceso anche dall'ira, perché aveva ricevuto due ferite nell'assedio della città. I suoi abbandonarono Betis, che era a capo della città di Gaza, e sebbene sfinito per le molte ferite dopo aver fatto un ammirevole combattimento, tuttavia non affrontava la battaglia con minor vigore. Ma essendo colpito dai giavellotti da tutte le parti, infine, esaurite le forze, cadde in potere dei nemici.

Condottolo da Alessandro, il giovane re, trascinato da un'eccessiva euforia, altre volte ammiratore del valore del nemico, disse: "Non morirai come hai desiderato, ma pensa che patirai qualunque tormento sia possibile escogitare contro un prigioniero". Quello, fissando il re con sguardo non solo impavido ma addirittura fiero, non rispose una parola alle sue minacce. Allora Alessandro disse: "Vedete com'è ostinato a tacere? Forse è caduto in ginocchio? Forse ha emesso una parola supplichevole?

Tuttavia vincerò il suo silenzio, e se non altro lo interromperò certamente con i suoi lamenti". Quindi l'ira si mutò in rabbia. Infatti delle cinghie vennero passate attorno alle caviglie di lui ancora vivo, e i cavalli lo trascinarono intorno alla città legato ad un cocchio, mentre il re si vantava di aver imitato Achille, dalla cui stirpe discendeva, nel punire il nemico.

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