Il filosofo Nigrino parla a Luciano dei mali della società romana - Luciano versione greco e traduzione

Ει γαρ χρη και κακων επαινον ειπειν, μη υπολαβης μειζον τι γυμνασιον αρετης η της ψυχης δοκιμασιαν αληθεστεραν τησδε της πολεως και της...

Se vogliamo fare anche l’esaltazione dei mali, ebbene, non penseresti di questa città e della vita qui che sia la palestra migliore per la virtù o la prova più vera per l’anima.

Non è proprio facile resistere a tanti allettamenti, a tanti spettacoli, a tanti richiami che adescano l’orecchio e finiscono con l’occuparlo tutto. Occorre navigare in mezzo a lusinghe di ogni genere, come Odisseo, senza però farsi legate le mani — ché sarebbe da vili — e senza farsi turare le orecchie con la cera, ma ascoltando tutto con assoluta libertà e mostrandosi di animo veramente superiore.

E’ possibile ammirare più la filosofia, guardare tanta umana stoltezza, disprezzare tutti quei beni dovuti alla fortuna, vedere, come sulla scena dove si rappresenta un dramma di molti personaggi in che modo si può diventare signori da schiavi, poveri da ricchi, satrapi o re da poveri; e chi è amico dei potenti, chi ne è nemico, chi ne è mandato in esilio. Ma, quel che è più grave, per quanto la Fortuna dia prova ogni giorno di giocare con la sorte degli uomini ed essa stessa, si può dire riconosca che non vi è nulla di stabile e sicuro, ebbene, nonostante tutto, la gente, con lo sguardo sempre fisso a questi falsi beni, aspira alla ricchezza e alla potenza e va in giro piena di speranze che non si avverano.

Ο δε δη εφην, οτι και γελαν εν τοις γιγνομενοις ενεστι και ψυχαγωγεισθαι τουτο ηδη σοι φρασω....

E adesso ti parlerò di quanto ti ho accennato, che c’è da ridere e da essere allietati. E come non farsi una bella risata, al vedere questi arricchiti che ostentano le loro vesti di porpora e fan mostra delle mani piene di anelli, rivelando la loro volgarità e mancanza di gusto?

Ma il più assurdo è che, quando s’imbattono in qualcuno, lo salutano con voce in falsetto e con accento straniero, mostrandosi soddisfatti di far vedere che hanno notato solo quelli che salutano.

Taluni più superbi amano essere riveriti con solennità, non di lontano, né secondo il costume persiano, no: bisogna avvicinarsi, curvarsi fino a terra, con atteggiamento dimesso e umile che dimostri l’interiore ossequio, e baciarli al petto oppure sulla mano spettacolo che suscita invidia e ammirazione in chi non è fatto segno a tali onori.

Intanto, il ricco rimane lì a lasciarsi gabbare per un bel po’ di tempo. E c’è da lodare anche la loro rozzezza, perché non ci consentono di baciarli sul volto.

Πολυ δε τουτων οι προσιοντες αυτοι και θεραπευοντες γελοιστεροι, νυκτος μεν εξανισταμενοι μεσης, περιθεοντες δε εν κυκλω την πολιν και προς...

Ancora più ridicoli di costoro sono quelli che stanno loro appresso a corteggiarli: gente capace di alzarsi a mezzanotte, di fare il giro di tutta la città, salvo poi a vedersi chiusa in faccia la porta dai servi: gente abituata a sentirsi chiamare col nome di cani ed adulatori e simili appellativi.

Ma ecco, come premio di questi dolorosi giri, un premio che costa tante pene ed è fonte di tanti mali: un pranzo.

In cui dopo aver mangiato e bevuto più di quanto volevano, dopo aver chiacchierato di tante cose inutili, se ne vanno alla fine aggrondati e nauseati, maledicendo il banchetto e prendendosela con l’insolenza e la sordida taccagneria dei signore.

I vicoli si riempiono dei loro rutti, le bettole delle loro risse. Per molta parte, rimangono a letto sino a giorno inoltrato, offrendo lavoro a medici affaccendati, mentre alcuni, davvero bella, non ce la fanno nemmeno ad ammalarsi.

Εγω μεντοι γε πολυ των κολακευομενων εξωλεστερους τους κολακας υπειληφα, και σχεδον αυτους εκεινοις καθιστασθαι της υπερηφανιας αιτιους:...

Per conto mio, sono più abominevoli gli adulatori e gli adulati, e direi quasi che sono essi i responsabili della superbia e tracotanza di costoro.

Quando ammirano la ricchezza dei loro padroni e fanno l’elogio del loro oro e ne affollano di buon mattino i vestiboli e si rivolgono loro con parole da servi a padroni, che devono pensare questi protettori? Che se, per comune intesa, sapessero liberarsi da questa volontaria schiavitù, non pensi che sarebbero, al contrario, i ricchi a presentarsi alle porte dei poveri, a pregarli di non lasciare nell’ombra, senza testimoni, la loro felicità, di non rendere inutile la sontuosità delle loro mense e la magnificenza dei loro palazzi?

Perché questi signori, non è che amino tanto le loro ricchezze, quanto, invece, di essere reputati felici per le ricchezze che posseggono. Purtroppo è così: non c’è alcuna soddisfazione per chi abiti una casa bellissima ricca di oro e di avorio, se non c’è nessuno ad ammirarla.

Bisognerebbe dunque, buttare giù la loro potenza opponendo alla ricchezza la barriera del disprezzo. Ma purtroppo con siffatta supina adorazione, si fa perdere loro la testa.

Και το μεν ανδρας ιδιωτας και αναφανδον την απαιδευσιαν ομολογουντας τα τοιαυτα ποιειν, μετριωτερον αν εικοτως νομισθειη: το δε και των...

Ora, che faccia questo gente incolta che fa aperta professione di ignoranza, si potrebbe in certo modo sopportarlo.

Ma è davvero doloroso che debbano comportarsi così, e anzi più ridicolmente ancora uomini che si vantano di essere filosofi. Che cosa dunque pensi debba io provare nel mio cuore, quando vedo uno di costoro, specialmente se è avanzato d’età, mescolato alla folla degli adulatori, dietro a chi è in auge, come un volgare satellite?

Al vederlo parlare con chi invita a pranzo, lui che si distingue fra gli altri, più in vista di tutti, per l’abito che porta? Ma quel che più susciti il mio sdegno è che non cambiano nemmeno abito e con questo recitano allo stesso modo le altre parti della loro vita, come fosse tutta una farsa. Quello poi che combinano nei festini, a quale abiezione potrei paragonarlo?

Non s’ingozzano, forse, di cibo, senza alcun limite di decenza, non si ubriacano peggio di tutti, non sono forse gli ultimi ad alzarsi da tavola, i primi ad arraffare più che possono? I più fini arrivano spesso al punto di mettersi persino a cantare.

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