CICERONE - De Amicitia (Sull'amicizia) 40-41 testo latino e traduzione

DE AMICITIA 40 DE AMICITIA 41 (Sull'amicizia) - Cicerone
Opera integrale con traduzione italiana

[ 40] Haec igitur lex in amicitia sanciatur, ut neque rogemus res turpes nec faciamus rogati.

Turpis enim excusatio est et minime accipienda cum in ceteris peccatis, tum si quis contra rem publicam se amici causa fecisse fateatur.

Etenim eo loco, Fanni et Scaevola, locati sumus ut nos longe prospicere oporteat futuros casus rei publicae.

Deflexit iam aliquantum de spatio curriculoque consuetudo maiorum.

[41] Ti. Gracchus regnum occupare conatus est, vel regnavit is quidem paucos menses. Num quid simile populus Romanus audierat aut viderat? Hunc etiam post mortem secuti amici et propinqui quid in P. Scipione effecerint, sine lacrimis non queo dicere. Nam Carbonem, quocumque modo potuimus, propter recentem poenam Ti. Gracchi sustinuimus; de C. Gracchi autem tribunatu quid expectem, non libet augurari. Serpit deinde res; quae proclivis ad perniciem, cum semel coepit, labitur. Videtis in tabella iam ante quanta sit facta labes, primo Gabinia lege, biennio autem post Cassia. Videre iam videor populum a senatu disiunctum, multitudinis arbitrio res maximas agi. Plures enim discent quem ad modum haec fiant, quam quem ad modum iis resistatur.

XII 40 Si stabilisca dunque la seguente legge dell'amicizia: non avanzare richieste immorali né esaudirle se richieste.

È una scusa davvero vergognosa e assolutamente inaccettabile confessare di aver commesso un reato, specie contro lo stato, in nome dell'amicizia. In verità, cari Fannio e Scevola, siamo arrivati a un punto che dobbiamo prevedere con largo anticipo quali mali si abbatteranno sullo stato. Ormai deviamo non poco dalla retta via tracciata dai Padri. 41 Tiberio Gracco ha cercato di arrogarsi un potere regale o, piuttosto, è stato re per pochi mesi. Il popolo romano aveva mai sentito o visto qualcosa del genere? Anche dopo la morte di Tiberio Gracco i suoi amici e parenti ne seguirono l'esempio: e quel che fecero a Publio Scipione non posso dirlo senza piangere. Quanto a Carbone lo abbiamo sopportato quanto ci è stato possibile solo perché da poco era stata inflitta una punizione a Tiberio Gracco.

Che cosa mi aspetto poi dal tribunato di Caio Gracco, è meglio non prevederlo. Ormai serpeggia un male che, una volta risvegliato, scivola giù a seminar rovina. Vedete, a proposito delle norme di votazione, che marcio si è creato prima con la legge Gabinia e due anni dopo con la legge Cassia. Mi sembra già di vedere il popolo opporsi al senato e le più importanti questioni risolversi secondo i capricci della folla. E la gente imparerà a fomentar rivoluzioni piuttosto che a porvi rimedio.

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