CICERONE - De Amicitia (Sull'amicizia) 42-43 testo latino e traduzione

DE AMICITIA 42 e DE AMICITIA 42 (Sull'amicizia)- Cicerone

Opera integralecon traduzione italiana

[42] Quorsum haec?

Quia sine sociis nemo quicquam tale conatur. Praecipiendum est igitur bonis ut, si in eius modi amicitias ignari casu aliquo inciderint, ne existiment ita se alligatos ut ab amicis in magna aliqua re publica peccantibus non discedant; improbis autem poena statuenda est, nec vero minor iis qui secuti erunt alterum, quam iis qui ipsi fuerint impietatis duces.

Quis clarior in Graecia Themistocle, quis potentior? qui cum imperator bello Persico servitute Graeciam liberavisset propterque invidiam in exsilium expulsus esset, ingratae patriae iniuriam non tulit, quam ferre debuit, fecit idem, quod xx annis ante apud nos fecerat Coriolanus.

His adiutor contra patriam inventus est nemo; itaque mortem sibi uterque conscivit.

[42] Perché parlo così?

Perché senza complici nessuno tenta simili imprese. Bisogna quindi esortare i virtuosi, se per caso e senza accorgersene si imbattono in amicizie del genere, a non credersi obbligati a non staccarsi da amici che si macchiano di gravi reati politici. Contro i corrotti si deve stabilire una pena non inferiore per i seguaci che per gli ideatori del crimine.

Chi fu più illustre, in Grecia, di Temistocle? Chi più potente? Lui che, stratega della guerra contro i Persiani, aveva liberato la Grecia dalla servitù ed era stato esiliato per invidia, non seppe sopportare, come avrebbe dovuto, l'ingiustizia della sua patria ingrata.

Compì lo stesso gesto che, vent'anni prima, da noi, era stato di Coriolano. Non trovarono nessuno che li aiutasse contro la patria: perciò, entrambi, si suicidarono.

[43] Quare talis improborum consensio non modo excusatione amicitiae tegenda non est sed potius supplicio omni vindicanda est, ut ne quis concessum putet amicum vel bellum patriae inferentem sequi; quod quidem, ut res ire coepit, haud scio an aliquando futurum sit. Mihi autem non minori curae est, qualis res publica post mortem meam futura, quam qualis hodie sit.

[43] Non solo non bisogna coprire con il pretesto dell'amicizia un simile complotto di gente corrotta, ma piuttosto punirlo con le sanzioni più gravi, perché nessuno si creda autorizzato a seguire l'amico anche quando attenta allo stato. E, da come vanno le cose, non è detto che un domani non accada. Nel mio caso, poi, il pensiero di come sarà la situazione politica dopo la mia morte desta in me preoccupazioni non meno gravi di quelle per il presente.

[44] Haec igitur prima lex amicitiae sanciatur, ut ab amicis honesta petamus, amicorum causa honesta faciamus, ne exspectemus quidem, dum rogemur; studium semper adsit, cunctatio absit; consilium vero dare audeamus libere. Plurimum in amicitia amicorum bene suadentium valeat auctoritas, eaque et adhibeatur ad monendum non modo aperte sed etiam acriter, si res postulabit, et adhibitae pareatur.

XIII [44] Si stabilisca dunque la prima legge dell'amicizia: bisogna rivolgere agli amici solo richieste oneste, compiere per gli amici solo azioni oneste senza aspettare di esserne richiesti, mostrarsi sempre disponibili e mai esitanti, avere il coraggio di dare liberamente il proprio parere. Valga soprattutto nell'amicizia l'autorità degli amici che danno buoni consigli; tale autorità serva ad ammonire non solo con sincerità ma, se la situazione lo richiede, anche con asprezza e, in tal caso, le si obbedisca.

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