CICERONE - De Amicitia (Sull'amicizia) 89-90 testo latino e traduzione

DE AMICITIA 88 DE AMICITIA 90 (Sull'amicizia) - Cicerone Opera integrale con traduzione italiana

[89] Sed nescio quo modo verum est, quod in Andria familiaris meus dicit: Obsequium amicos, veritas odium parit.

Molesta veritas, siquidem ex ea nascitur odium, quod est venenum amicitiae, sed obsequium multo molestius, quod peccatis indulgens praecipitem amicum ferri sinit;

maxima autem culpa in eo, qui et veritatem aspernatur et in fraudem obsequio impellitur. Omni igitur hac in re habenda ratio et diligentia est, primum ut monitio acerbitate, deinde ut obiurgatio contumelia careat;

in obsequio autem, quoniam Terentiano verbo libenter utimur, comitas adsit, assentatio, vitiorum adiutrix, procul amoveatur, quae non modo amico, sed ne libero quidem digna est; aliter enim cum tyranno, aliter cum amico vivitur.

89 Invece, chissà perché, ha ragione il mio amico Terenzio quando dice nell'Andria:L'ossequio genera amici, la verità odio.Sgradita verità, se produce odio, il veleno dell'amicizia, ma molto più sgradito l'ossequio, perché, indulgente verso le colpe, non impedisce all'amico di cadervi! Ma è soprattutto colpevole chi rinnega la verità facendosi trascinare in inganno dall'ossequio.

In tutto ciò bisogna usare raziocinio e accortezza, in primo luogo perché il monito non suoni aspro, in secondo luogo perché il rimprovero non risulti offensivo;

si accompagni poi all'«ossequio» - mi piace usare il termine terenziano - la gentilezza, senza però far ricorso all'adulazione, complice dei vizi, indegna non solo di un amico, ma anche di un uomo libero. Perché in un modo si vive con il tiranno, in un altro si vive con l'amico.

[90]  Cuius autem aures clausae veritati sunt, ut ab amico verum audire nequeat, huius salus desperanda est. Scitum est enim illud Catonis, ut multa: 'melius de quibusdam acerbos inimicos mereri quam eos amicos qui dulces videantur; illos verum saepe dicere, hos numquam.' Atque illud absurdum, quod ii, qui monentur, eam molestiam quam debent capere non capiunt, eam capiunt qua debent vacare; peccasse enim se non anguntur, obiurgari moleste ferunt; quod contra oportebat, delicto dolere, correctione gaudere.

90 Se poi uno ha le orecchie chiuse alla verità e non può ascoltare dall'amico il vero, è il caso di disperare della sua salvezza. Acuto, come molti altri, è un detto di Catone: «Talvolta fanno del bene più i nemici irriducibili degli amici che sembrano compiacenti: i primi dicono spesso il vero, i secondi mai.» Ed ecco un'altra assurdità: chi è rimproverato non prova il dispiacere che dovrebbe provare, ma si dispiace per quello che invece non dovrebbe toccarlo: infatti non si addolora per aver sbagliato, ma si irrita di venir ripreso. Invece dovrebbe provare il contrario: dolore per la colpa e gioia per la correzione

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