SENECA - Consolazione alla madre Elvia Libro IX Testo latino e traduzione

CONSOLAZIONE ALLA MADRE ELVIA 9
Consolatio ad Helvia matrem IX Testo latino e traduzione italiana LIBRO IX

1. 'At non est haec terra frugiferarum aut laetarum arborum ferax;

non magnis nec navigabilibus fluminum alveis inrigatur; nihil gignit quod aliae gentes petant, uix ad tutelam incolentium fertilis; non pretiosus hic lapis caeditur, non auri argentique uenae eruuntur.' 2. Angustus animus est quem terrena delectant: ad illa abducendus est quae ubique aeque apparent, ubique aeque splendent. Et hoc cogitandum est, ista ueris bonis per falsa et praue credita obstare. Quo longiores porticus expedierint, quo altius turres sustulerint, quo latius uicos porrexerint, quo depressius aestiuos specus foderint, quo maiori mole fastigia cenationum subduxerint, hoc plus erit quod illis caelum abscondat. 3. In eam te regionem casus eiecit in qua lautissimum receptaculum casa est: ne [et] tu pusilli animi es et sordide se consolantis, si ideo id fortiter pateris quia Romuli casam nosti. Dic illud potius: 'istud humile tugurium nempe uirtutes recipit? iam omnibus templis formosius erit, cum illic iustitia conspecta fuerit, cum continentia, cum prudentia, pietas, omnium officiorum recte dispensandorum ratio, humanorum diuinorumque scientia. Nullus angustus est locus qui hanc tam magnarum uirtutium turbam capit; nullum exilium graue est in quod licet cum hoc ire comitatu.' 4. Brutus in eo libro quem de uirtute composuit ait se Marcellum uidisse Mytilenis exulantem et, quantum modo natura hominis pateretur, beatissime uiuentem neque umquam cupidiorem bonarum artium quam illo tempore.

Itaque adicit uisum sibi se magis in exilium ire, qui sine illo rediturus esset, quam illum in exilio relinqui. 5. O fortunatiorem Marcellum eo tempore quo exilium suum Bruto adprobauit quam quo rei publicae consulatum! Quantus ille uir fuit qui effecit ut aliquis exul sibi uideretur quod ab exule recederet! Quantus uir fuit qui in admirationem sui adduxit hominem etiam Catoni suo mirandum! 6. Idem Brutus ait C. Caesarem Mytilenas praeteruectum, quia non sustineret uidere deformatum uirum. Illi quidem reditum inpetrauit senatus publicis precibus, tam sollicitus ac maestus ut omnes illo die Bruti habere animum uiderentur et non pro Marcello sed pro se deprecari, ne exules essent si sine illo fuissent;

sed plus multo consecutus est quo die illum exulem Brutus relinquere non potuit, Caesar uidere. Contigit enim illi testimonium utriusque: Brutus sine Marcello reuerti se doluit, Caesar erubuit. 7. Num dubitas quin se ille [Marcellus] tantus uir sic ad tolerandum aequo animo exilium saepe adhortatus sit: 'quod patria cares, non est miserum: ita te disciplinis inbuisti ut scires omnem locum sapienti uiro patriam esse. Quid porro? hic qui te expulit, non ipse per annos decem continuos patria caruit? propagandi sine dubio imperii causa; sed nempe caruit. 8. Nunc ecce trahit illum ad se Africa resurgentis belli minis plena, trahit Hispania, quae fractas et adflictas partes refouet, trahit Aegyptus infida, totus denique orbis, qui ad occasionem concussi imperii intentus est: cui primum rei occurret? cui parti se opponet? Aget illum per omnes terras uictoria sua. Illum suspiciant et colant gentes: tu uiue Bruto miratore contentus.'

(1) "Ma questa terra non è fertile d'alberi da frutto o da fiore;

non è bagnata da fiumi né grandi né navigabili; non produce nulla che sia richiesto da altre popolazioni e appena appena provvede alla sopravvivenza dei suoi abitanti; non vi si cava marmo pregiato, non ha miniere d'oro o d'argento." (2) Meschino è l'animo che si compiace dei beni terreni; bisogna volgerlo verso quelle cose che appaiono dappertutto uguali e uguali dappertutto risplendono. E bisogna anche pensare che i beni terreni, per gli errori e per i pregiudizi che comportano, sono di ostacolo ai veri beni. Quanto più lunghi gli uomini costruiranno i loro portici, quanto più alte innalzeranno le loro torri, quanto più vasti edificheranno i loro caseggiati, quanto più profonde scaveranno le loro grotte per l'estate, quanto più sovraccarichi saranno i soffitti delle loro sale da pranzo, tanto più, tutto questo, nasconderà loro il cielo. (3) Il destino ti ha gettato in una regione dove l'abitazione più sontuosa è una capanna; ma tu hai un animo meschino che si appaga di misere consolazioni se sopporti tutto questo con fermezza soltanto perché pensi alla capanna di Romolo. Di', piuttosto, così: "Questo umile tugurio non accoglie forse le virtù? Sarà più bello di ogni tempio se vi si potrà scorgere la giustizia, la continenza, la prudenza, la pietà, un giusto criterio nella distribuzione di tutti i doveri, la conoscenza delle cose umane e divine. Non è angusto il luogo che contiene una quantità di così grandi virtù, nessun esilio è gravoso quando vi si può andare con una tale scorta". (4) Bruto nel suo libro Sulla virtù dice di aver visto Marcello5, esule a Mitilene, che viveva felice, per quanto è concesso alla natura umana, e che si dedicava con passione, mai come allora, alle belle arti.

E aggiunge che, accingendosi a ripartire senza l'amico, gli parve di andare lui in esilio, piuttosto che di lasciare in esilio Marcello. (5) O ben più fortunato Marcello quando per il suo esilio s'ebbe le lodi di Bruto che non quando per il suo consolato s'ebbe quelle della repubblica! Quanto grande quell'uomo per il quale qualcuno credette di essere egli stesso un esule nel momento in cui si congedava dall'esule. E quanto grande quell'uomo che suscitò l'ammirazione di chi, a sua volta, era ammirato da Catone!4 (6) E Bruto dice ancora che Cesare non si fermò a Mitilene perché non sopportava di vedere un tal uomo così umiliato. E quando il senato, con pubbliche suppliche, impetrò il suo ritorno, tutti erano così ansiosi e tristi, quel giorno, che sembravano essere nello stato d'animo di Bruto e pregavano non per Marcello ma per se stessi, per non continuare ad essere come esuli per l'assenza di lui.

Ma il giorno in cui egli ottenne di più fu di gran lunga quello in cui Bruto non se la sentì di lasciarlo esule e Cesare non osò vederlo. Egli, infatti, s'ebbe questa doppia attestazione: Bruto si dolse di dover tornare senza Marcello, Cesare se ne vergognò. (7) Non si può dubitare che un tal uomo si sia esortato così per sopportare con animo sereno l'esilio: "Essere senza una patria non è cosa miserevole. Gli studi di cui ti sei nutrito ti hanno insegnato che l'uomo saggio ha una sua patria in ogni luogo. E allora? Quello che ti ha esiliato non è stato anche lui lontano dalla patria per dieci anni di seguito? Senza dubbio fu per estendere i confini dell'impero, ma egualmentene è stato lontano. (8) E anche ora lo chiama a sé l'Africa, così minacciata dalla ripresa della guerra, lo chiama la Spagna dove riprende forza il partito vinto e umiliato, lo chiama l'infido Egitto e, infine, tutto il mondo spia un momento di debolezza del nostro potere. Che cosa affronterà per primo? Contro chi si opporrà? La sua vittoria lo porterà di terra in terra. I popoli lo ammirino pure e lo onorino: tu vivi contento dell'ammirazione di Bruto!".

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