Fedra seneca vv 1156 - 1213

Thesevs Quis te dolore percitam instigat furor?

quid ensis iste quidue uociferatio planctusque supra corpus inuisum uolunt? Phaedra Me me, profundi saeue dominator freti, inuade et in me monstra caerulei maris 1160 emitte, quidquid intimo Tethys sinu extrema gestat, quidquid Oceanus uagis complexus undis ultimo fluctu tegit. O dure Theseu semper, o numquam tuis tuto reuerse: gnatus et genitor nece 1165 reditus tuos luere; peruertis domum amore semper coniugum aut odio nocens. Hippolyte, tales intuor uultus tuos talesque feci? membra quis saeuus Sinis aut quis Procrustes sparsit aut quis Cresius, 1170 Daedalea uasto claustra mugitu replens, taurus biformis ore cornigero ferox diuulsit? heu me, quo tuus fugit decor oculique nostrum sidus? exanimis iaces? ades parumper uerbaque exaudi mea. 1175 nil turpe loquimur: hac manu poenas tibi soluam et nefando pectori ferrum inseram, animaque Phaedram pariter ac scelere exuam. [et te per undas perque Tartareos lacus, per Styga, per amnes igneos amens sequar] 1180 placemus umbras: capitis exuuias cape laceraeque frontis accipe abscisam comam.

non licuit animos iungere, at certe licet iunxisse fata. morere, si casta es, uiro; si incesta, amori. coniugis thalamos petam 1185 tanto impiatos facinore? hoc derat nefas, ut uindicato sancta fruereris toro. o mors amoris una sedamen mali, o mors pudoris maximum laesi decus, confugimus ad te: pande placatos sinus. 1190 Audite, Athenae, tuque, funesta pater peior nouerca: falsa memoraui et nefas, quod ipsa demens pectore insano hauseram, mentita finxi.

uana punisti pater, iuuenisque castus crimine incesto iacet, 1195 pudicus, insons--recipe iam mores tuos. mucrone pectus impium iusto patet cruorque sancto soluit inferias uiro. Th. Quid facere rapto debeas gnato parens, disce a nouerca: condere Acherontis plagis. 1200 Pallidi fauces Auerni uosque, Taenarii specus, unda miseris grata Lethes uosque, torpentes lacus, impium rapite atque mersum premite perpetuis malis. nunc adeste, saeua ponti monstra, nunc uasti maris, ultimo quodcumque Proteus aequorum abscondit sinu, 1205 meque ouantem scelere tanto rapite in altos gurgites. Tuque semper, genitor, irae facilis assensor meae: morte facili dignus haud sum qui noua natum nece segregem sparsi per agros quique, dum falsum nefas exsequor uindex seuerus, incidi in uerum scelus. 1210 sidera et manes et undas scelere compleui meo: amplius sors nulla restat; regna me norunt tria.

TESEO Quale follia perseguita (incita) te, sconvolta dal dolore?

Che cosa (vogliono) significa codesta spade, queste grida, questo lamento per (questo) cadavere (corpo) da te odiato? FEDRA Me, me, o signore crudele del mare profondo, assalta e contro di me fai uscire/scatena i mostri dell'oscuro/azzurro mare (chiunque/qualsiasi) tutti quelli che porta la più lontana Teti nel suo più profondo abisso, tutti quelli che oceano, abbracciandoli con le sue inquiete onde, ricopre con il più estremo flutto. O crudele Teseo sempre, non ritorni mai dai tuoi in modo sicuro: con la morte tuo figlio e tuo padre hanno pagato i tuoi ritorni. Distruggi la tua famiglia danneggiandola sempre o per amore delle spose o per odio di esse. Ippolito, vedo tale il tuo bel volto e tale lo resi. Quale crudele Sini, o quale Procuste ha dilaniato le tue membra, o (quale) toro biforme di Creta, riempendo il labirinto di dedalo del suo ruggito bestiale, ti ha dilaniato con la bocca cornuta? Ahimé dove è fuggita la tua bellezza e i tuoi occhi, mie stelle? Giaci esanime? Avvicinati per poco e ascolta le mie parole. Non dico nulla di turpe e con questa mano pagherò il figlio, pianterò la spada nel petto malvagio. Libererò contemporaneamente Fedra dalla vita e dal delitto [ attraverso le onde e le paludi del tartaro, attraverso lo Stige, attraverso i fiumi infuocati ti seguirò folle]. Plachiamo gli spiriti: prendi i resti del capo e accetta la chioma strappata dalla mia lacerata fonte.

Non è stato possibile unire i nostri spiriti, ma (al contrario) certamente è lecito avere unito i (nostri) destini. Muori, se sei pura, per il tuo sposo; se impura, per amore. Dovrei raggiungere il talamo dello sposo profanato da un così grande delitto. Mancava queste empietà che tu godessi come casta sposa di un letto rivendicato. O morte, unico rimedio all'amore, o morte, grandissimo decoro di un pudore così tanto ferito, mirifugio da te: apri il tuo benevole grembo (dopo aver disteso le piaghe della tua veste.) Ascoltate Atene, E anche tu, padre peggiore di una funesta matrigna: ho fatto accuse false e mentendo ho simulato quel delitto che io stesso pazza avevo concepito nel mio cuore nefasto. Tu padre hai punito (un delitto) inesistente e questo casto giovane (giace) è morto per un delitto incestuoso, lui pudico, incolpevole - riprendi ormai i tuoi costumi- il mio empio petto si apre ad una giusta spada e il mio sangue costituisce un'offerta funebre per un uomo santo.

TESEO Impara(lo) dalla matrigna che cosa tu padre devi fare per il figlio straziato: nasconditi nelle regioni della acheronte. O fauci del pallido averno e voi speloche del tenaro e acque del lete, care agli sventurati e voi stagnanti paludi, trascinate via questo empio e schiacciate questo (dopo averlo) sommerso con eterne pene. Ora accorrete, crudeli mostri del mare, ora accorri vasto mare, qualunque cosa Proteo nasconde nel più profondo seno delle acque, e portatemi via nei profondi gorghi, mentre mi dispero per un così grave delitto. E tu, padre, sempre disposto ad assecondare la mia ira, non sono degno di una facile morte, io, che nei campi ho disseminato mio figlio smembrato con un nuovo tipo di morte, mentre ho punito un falso delitto come severo giustiziere, sono caduto in un crimine vero. Ho riempito le stelle, il mare, e il mondo dei morti con la mia colpa: non mi resta più nessuna sorte: i tre regni mi conoscono.

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