Cesare attraversa il Reno con l'esercito (versione di latino Cesare)

Caesar, cum sciret Gallos a Germanis adiutos esse, exercitum suum Rhenum transportare constituit....

Cesare, dopo che seppe che i Galli erano aiutati dai Germani, stabilì di trasferire il suo esercito presso il Reno. Dopo che arrivò alla riva del fiume, comandò che i soldati mettessero (qui) l'accampamento.

Gli abitanti avevano alcune navi, con le quali i soldati furono trasportati, tuttavia Cesare stabilisce di unire le rive del fiume con un ponte.

Subito comandò di trasportare legna e tutte le cose necessarie. Deciso il giorno trasportò l'esercito e consiunse le rive e le fortezze e rafforzò il presidio.

Dopo aver saputo che i Germani si trovavano nelle selve, devastò ogni cosa con ferro e fiamme. Allora riportò le legioni in Gallia e vietò che il ponte venisse distrutto.

Altra versione con questo stesso titolo testo diverso

Germanico bello confecto, Caesar statuit Rhenum sibi transgrediendum esse, ut metum Transrhenanis iniceret, qui cum Gallis centra Romanos bellum gesserant....

Portata a termine la guerra contro i Germani, Cesare decise che bisognava attraversare il Reno, per mettere paura ai Transrenani che avevano portato con i Galli la guerra contro i Romani.

Ma Cesare riteneva che non fosse sicuro che l’esercito guadasse il fiume. Perciò, nonostante si prospettasse una enorme difficoltà di fare un ponte a causa della larghezza, della vorticosità e della profondità del fiume, prese la decisione di edificare una gigantesca opera e la portò a termine in dieci giorni; poi fatto passare l’esercito, lasciata una solida guarnigione da entrambe le parti del ponte, marciò nei territori dei Sigambri, che tra tutti i Germani erano i più ostili ai Romani.

Allora vennero da lui degli ambasciatori (inviati) da parecchi popoli, che chiedevano pace e amicizia, ai quali rispose con benevolenza. Ma i Sigambri, allestita la fuga, si erano allontanati dai propri territori e avevano portato via ogni loro cosa. Cesare, attardatosi pochi giorni nei loro territori, incendiato ogni villaggio e mietuto tutto il frumento, dopo aver trascorso diciotto giorni oltre il Reno, portata a termine ogni cosa a causa delle quali aveva deciso di trasportare l’esercito, avendo ritenuto di essersi inoltrato a sufficienza sia per la propria gloria sia per l’utilità, si ritirò in Gallia e distrusse il ponte.

Cesare attraversa il Reno con l'esercito testo diverso stesso titolo

At hostes, ubi primum nostros equites conspexerunt, quorum erat V milium numerus, cum ipsi non amplius DCCC equites haberent, quod ii qui...

Ma i nemici, non appena videro la nostra cavalleria - benché contasse circa cinquemila unità, mentre essi non erano più di ottocento, non essendo ancora rientrati i cavalieri che avevano varcato la Mosa in cerca di grano - si lanciarono all'attacco e scompaginarono in breve tempo i nostri, che non nutrivano alcun timore, in quanto l'ambasceria dei Germani aveva appena lasciato Cesare chiedendo, per quel giorno, tregua. Quando i nostri riuscirono a opporre resistenza, gli avversari, secondo la loro tecnica abituale, balzarono a terra e, ferendo al ventre i cavalli, disarcionarono molti dei nostri e costrinsero alla fuga i superstiti, premendoli e terrorizzandoli al punto che non cessarono la ritirata se non quando furono in vista del nostro esercito in marcia.

Nello scontro perdono la vita settantaquattro nostri cavalieri, tra cui l'aquitano Pisone, uomo di grandissimo valore e di alto lignaggio: un suo avo aveva tenuto la suprema autorità tra la sua gente e ricevuto dal senato di Roma il titolo di amico.

Pisone, accorso in aiuto del fratello circondato dai nemici, era riuscito a liberarlo; disarcionato - il suo cavallo era stato colpito - resistette con estremo valore finché ebbe forza: poi, circondato da molti avversari, cadde. Il fratello, che aveva già lasciato la mischia, lo vide da lontano: sferzato il cavallo, si gettò sui nemici e rimase ucciso.

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