Cesare cerca in ogni modo la pace con Pompeo
Haec Caesar ita administrabat, ut condiciones pacis dimittendas esse non existimaret; ...... Ita saepius rem frustra temptatam Caesar aliquando dimittendam esse sibi iudicat et de bello agendum.
Cesare amministrava così da non credere che le condizioni di pace dovessero essere abbandonate, benché si stupisse molto che il legato, che aveva mandato a Pompeo con le condizioni di pace, non gli fosse stato rimandato, e benché quel tentativo tentato spesso rallentasse l'impeto e le decisioni di lui, credeva tuttavia che bisognasse perseverare con ogni mezzo nel perseguimento della pace. E così invia Caninio Rebilo, amico e parente di Scribonio Libone, a Libone stesso per parlare: gli da anche mandato di sollecitare Libone a favorire la pace; per prima cosa propone che egli stesso abbia un abboccamento con Pompeo; spiega soprattutto di confidare che il conflitto possa essere composto ad eque condizioni.
Del quale esito disse che sarebbe derivata gran parte del merito a Libone stesso, se per la sua opera ed azione si fossero abbandonate le armi. Libone, uscito dal colloquio con Caninio, parte per andare da Pompeo.
Poco dopo riferisce, poiché i consoli sono assenti, di non potere agire senza di loro per l'accordo. E così Cesare giudica che il tentativo più volte effettuato invano debba essere abbandonato e che si debba far guerra.
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