Cesare sconfigge i Suebi di Ariovisto (Versione di latino Cesare)

Cesare sconfigge i Suebi di Ariovisto
Autore: Cesare / Due versioni diverse di vari libri

Caesar a dextro cornu proelium commisit. Nostri acriter in hostes signo dato impetum fecerunt dum hostes repente celeriterque procurrunt.

Relictis pilis comminus gladiis pugnaverunt. At Germani non mimus celeriter quam nostri ex consuetudine sua phalange facta impetus gladiorum exceperunt. Reperti sunt complures nostri milites in phalanges insilientes: alii cum scuta manibus revellerent desuper hostes vulnerabant. Cum hostium acies a sinistro cornu pulsa in fugam coniecta esset a dextro cornu vehementer Suebi multitudine suorum nostram aciem premebant. Id(ciò acc. ) cum animadvertisset Publius Crassus adulescens praefectus equitum quod expeditior erat quam tribuni militum tertiam aciem(la terza linea) laborantibus nostris subsidio misit. Ita proelium restitutum est atque omnes hostes terga verterunt neque fugere destiterunt prius quam ad flumen Rhenum pervenerunt.


Cesare attaccò battaglia dall’ala destra (della schiera). I nostri una volta dato il segnale attaccarono violentemente i nemici mentre i nemici balzarono fuori improvvisamente e rapidamente. Dopo aver abbandonato i giavellotti combatterono con le spade corpo a corpo. Ma i Germani non meno rapidamente rispetto ai nostri secondo la loro abitudine dopo aver fatto la falange sostennero gli attacchi delle spade. Furono trovati parecchi nostri soldati che si slanciavano nell’interno della falange (nemica): alcuni strappandogli gli scudi dalle mani ferivano i nemici dall’alto in basso. Dopo che la schiera dei nemici spinta dall’ala sinistra fu messa in fuga dall’ala destra con veemenza i Suebi con un gran numero di uomini incalzavano la nostra schiera.

Dopo essersi reso conto di ciò il giovane Publio Crasso posto a capo dei cavalieri perché era più pronto a combattere rispetto ai tribuni militari inviò la terza linea in aiuto dei nostri che erano in difficoltà. Così la battaglia si sistemò (si salvarono le sorti del combattimento) e tutti i nemici voltarono le spalle e non desistettero dalla fuga prima di essere arrivati al fiume Reno

Secondo tipo:

Caesar singulis legionibus singulos legatos et quaestorem praefecit, uti eos testes suae quisque virtutis haberet; ipse a dextro cornu, quod eam partem minime firmam hostium esse animadverterat, proelium commisit.

Ita nostri acriter in hostes signo dato impetum fecerunt itaque hostes repente celeriterque procurrerunt, ut spatium pila in hostes coiciendi non daretur. Relictis pilis comminus gladiis pugnatum est. At Germani celeriter ex consuetudine sua phalange facta impetus gladiorum exceperunt. Reperti sunt complures nostri qui in phalanga insilirent et scuta manibus revellerent et desuper vulnerarent. Cum hostium acies a sinistro cornu pulsa atque in fugam coniecta esset, a dextro cornu vehementer multitudine suorum nostram aciem premebant. Id cum animadvertisset P. Crassus adulescens, qui equitatui praeerat, quod expeditior erat quam ii qui inter aciem versabantur, tertiam aciem laborantibus nostris subsidio misit. ta proelium restitutum est, atque omnes hostes terga verterunt nec prius fugere destiterunt quam ad flumen rhenum milia passuum ex eo loco circiter L pervenerunt. Ibi perpauci aut viribus confisi tranare contenderunt aut lintribus inventis sibi salutem reppererunt. In his fuit Ariovistus, qui naviculam deligatam ad ripam nactus ea profugit; reliquos omnes consecuti equites nostri interfecerunt. Duae fuerunt Ariovisti uxores, una Sueba natione, quam domo secum eduxerat, altera Norica, regis Voccionis soror, quam in Gallia duxerat a fratre missam: utraque in ea fuga periit; duae filiae: harum altera occisa, altera capta est. C. Valerius Procillus, cum a custodibus in fuga trinis catenis vinctus traheretur, in ipsum Caesarem hostes equitatu insequentem incidit. Quae quidem res Caesari non minorem quam ipsa victoria voluptatem attulit, quod hominem honestissimum provinciae Galliae, suum familiarem et hospitem, ereptum ex manibus hostium sibi restitutum videbat neque eius calamitate de tanta voluptate et gratulatione quicquam fortuna deminuerat.

Is se praesente de se ter sortibus consultum dicebat, utrum igni statim necaretur an in aliud tempus reservaretur: sortium beneficio se esse incolumem. Item M. Metius repertus et ad eum reductus est.
Cesare mise a capo di ciascuna legione i rispettivi legati e il questore, perché ognuno li avesse a testimoni del proprio valore; egli stesso guidò l'attacco alla testa dell'ala destra, perché si era accorto che da quella parte lo schieramento nemico era molto debole. Al segnale, i nostri attaccarono con tale veemenza e i nemici si slanciarono in avanti così all'improvviso e con tale rapidità, che non si ebbe il tempo di lanciare i giavellotti. Ci si sbarazzò di essi e si combatté corpo a corpo, con le spade. I Germani formarono rapidamente, secondo la loro abitudine, delle falangi e ressero all'assalto condotto con le spade. Si videro molti soldati romani salire sopra le varie falangi, strappare via con le mani gli scudi dei nemici e colpire dall'alto. Mentre l'ala sinistra dello schieramento nemico veniva respinta e messa in fuga, l'ala destra con la sua massa premeva violentemente sui nostri. Il giovane P. Crasso, comandante della cavalleria, essendo nei movimenti più libero di chi combatteva nel folto dello schieramento, se ne accorse e mandò la terza linea in aiuto dei nostri in difficoltà. Questa mossa salvò le sorti della battaglia: i nemici volsero tutti le spalle e non si fermarono prima di aver raggiunto il Reno, che distava circa cinque miglia dal luogo dello scontro. Qui, pochissimi o cercarono di attraversare il fiume a nuoto, confidando nelle proprie forze, o scovarono delle imbarcazioni e si misero in salvo.

Tra di loro ci fu Ariovisto, il quale trovò legata alla riva una piccola barca che gli servì per fuggire; tutti gli altri Germani furono inseguiti dalla nostra cavalleria e uccisi. Ariovisto aveva due mogli: una sveva, che si era portato da casa, l'altra norica, sorella del re Voccione, che gli era stata inviata dal fratello stesso e che Ariovisto aveva sposato in Gallia. Entrambe morirono nella rotta. Delle due figlie, una fu uccisa, l'altra catturata. C. Valerio Procillo, mentre durante la fuga veniva portato via dai suoi guardiani legato con triplice catena, si imbatté proprio in Cesare, che con la cavalleria stava inseguendo i nemici. Ciò procurò a Cesare una gioia non minore della vittoria stessa, perché si vedeva restituito, strappato alle mani del nemico, l'uomo più onesto della provincia della Gallia, suo amico e ospite: la Fortuna non aveva voluto togliere nulla alla sua grande gioia e contentezza e aveva impedito la morte di C. Valerio Procillo. Il giovane raccontava che, in sua presenza, erano state consultate tre volte le sorti per decidere se doveva essere arso sul rogo subito o in un secondo tempo: era vivo per beneficio delle sorti. Anche M. Mezio fu ritrovato e riportato a Cesare.

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