Massacro dei soldati Romani (Versione di latino Cesare)
Massacro dei soldati Romani I e Massacro dei soldati Romani II
Autore: Cesare
His rebus cognitis Marcius Rufus quaestor in castris relictus a Curione cohortatur suos, ne animo deficiant....
Conosciuti tali fatti, il questore Marco Rufo, lasciato da Curione nel campo, esorta i suoi a non perdersi d'animo.
Quelli lo pregano e lo scongiurano di riportarli in Sicilia con le navi. Lo promette e ordina ai comandanti delle navi di tenere, sul fare della sera, tutte le lance ancorate presso il lido. Ma il terrore di tutti fu così grande che gli uni dicevano che le truppe di Giuba erano vicine, gli altri che Varo era addosso con le legioni e già scorgevano la polvere di quelli che sopraggiungevano, mentre non accadeva proprio nulla di tutto ciò, altri ancora supponevano che la flotta nemica in breve tempo sarebbe giunta al volo. E così, poiché erano tutti sconvolti, ognuno pensava a se stesso.
Coloro che erano sulle navi da guerra acceleravano la partenza. La loro fuga istigava i comandanti delle navi da carico; solo poche barchette si radunavano per eseguire il loro compito, come era stato ordinato.
E sul lido affollato tanta era la gara a chi, in tale moltitudine, per primo riuscisse a imbarcarsi, che alcune imbarcazioni affondavano per il peso della gente, altre tardavano ad avvicinarsi, temendo la stessa fine.
Massacro dei soldati Romani II
Quibus rebus accidit, ut pauci milites patresque familiae, qui aut gratia aut misericordia valerent aut naves adnare possent, recepti in Siciliam incolumes pervenirent....
Per questi motivi accadde che solo pochi soldati e padri di famiglia, che erano influenti per autorità o suscitavano commiserazione o erano in grado di raggiungere a nuoto le navi, furono imbarcati e giunsero sani e salvi in Sicilia.
Le altre truppe, inviati di notte a Varo dei centurioni in qualità di ambasciatori, si consegnarono a lui. Il giorno dopo Giuba, vedendo dinanzi alla città le coorti di questi soldati, dichiarò pubblicamente che erano sua preda di guerra e ordinò che una gran parte di loro venisse uccisa;
pochi soldati, da lui scelti, furono mandati nel suo regno, sebbene Varo lamentasse, senza però osare opporsi, che egli offendeva la sua lealtà.
Lo stesso re, entrato a cavallo in città, seguito da parecchi senatori, fra i quali Servio Sulpicio e Licinio Damasippo, in pochi giorni stabilì e ordinò che cosa voleva si facesse in Utica. E dopo pochi giorni ritornò con tutte le milizie nel suo regno.
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