Preparativi di Cesare per il colloquio con Ariovisto

Incipit: Cognito Caesaris adventu Ariovistus legatos ad eum mittit: Fine: loco decimam legionem habiturum, ad equum rescribere.

Informato dell'arrivo di Cesare, Ariovisto gli manda degli ambasciatori, per comunicargli che da parte sua era possibile effettuare quel colloquio, che in precedenza egli aveva richiesto, dal momento che Cesare si era avvicinato di più ed egli riteneva di poterlo attuare senza alcun pericolo.

Cesare non rifiuta la proposta, e già riteneva che quello avesse riacquistato il buon senso, dal momento che richiedeva quello che, dietro sua richiesta, aveva rifiutato, e rinasceva in lui la grande speranza che (quello) Ariovisto, in considerazione dei tanti benefici ottenuti da lui e dal popolo romano, venuto a conoscenza delle sue richieste, avrebbe abbandonato la sua ostinazione.

Il colloquio fu fissato da lì a cinque giorni. In questo lasso di tempo, in un frequente scambio di ambascerie da ambo le parti, Ariovisto chiese che Cesare non si recasse al colloquio scortato dalla fanteria: temeva che Cesare lo raggirasse tendendogli una trappola; ambedue vi si sarebbero recati accompagnati dalla sola cavalleria, altrimenti non si sarebbe presentato. Cesare non voleva che il colloquio venisse annullato con un pretesto, ma non osava nemmeno affidare la propria incolumità alla cavalleria gallica. Stabilì quindi che la cosa più conveniente sarebbe stata sostituire i cavalieri gallici con i legionari della decima legione, che avevano tutta la sua fiducia, facendoli montare a cavallo.

Mentre si svolgeva l'operazione, un soldato della decima legione, se ne uscì con una battuta di spirito, dicendo che Cesare stava facendo per loro molto di più di quanto aveva promesso: aveva detto che li avrebbe presi come sua coorte pretoria ed ora li passava addirittura nella classe dei cavalieri.

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