Terrore e fuga nell'accampamento dei Romani (Versione di latino Cesare)

Terrore e fuga nell'accampamento dei
Romani
Autore: Cesare

Eodem tempore equites nostri levisque armaturae pedites, qui cum iis una fuerant, quos primo hostium impetu pulsos dixeram, cum se in...

In quel mentre, rientravano nell'accampamento i nostri cavalieri e i fanti armati alla leggera, che a essi si erano affiancati (entrambi erano stati messi in fuga, come avevamo detto, al primo assalto dei Nervi).

Trovandosi di fronte i nemici, si sbandarono di nuovo, in un'altra direzione. I caloni, invece, che dalla porta decumana e dalla sommità del colle avevano visto i nostri, vittoriosi, portarsi oltre il fiume, uscivano dall'accampamento per far bottino, ma, dopo essersi voltati e aver scorto i nemici nel nostro campo, scapparono precipitosamente.

Nello stesso istante si levavano le grida e gli strepiti degli addetti alle salmerie: in preda al panico, si lanciarono dove capitava. Scossi da tale confusione, i cavalieri dei Treveri, che pure rispetto agli altri Galli godono di una fama di straordinario valore e che erano stati mandati dal loro popolo a Cesare come rinforzo, quando videro il campo romano pieno di nemici, le legioni pressate da vicino e quasi circondate, i caloni, i cavalieri, i frombolieri e i Numidi dispersi in fuga disordinata, si diressero in patria, convinti che la nostra situazione fosse disperata;

al loro popolo annunciarono che i Romani erano stati sconfitti e debellati e che i nemici si erano impossessati dell'accampamento e delle salmerie.

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