Tradimento e sconfitta (Versione di latino Cesare)

Tradimento e sconfitta
Autore: Cesare

Sub vesperum Caesar portas claudi militesque ex oppido exire iussit, ne quam noctu oppidani a militibus iniuriam acciperent....

Verso sera Cesare ordinò che le porte venissero chiuse e che i soldati romani lasciassero la città, perché non si verificassero atti di violenza nei confronti della popolazione.

Gli Atuatuci, come si capì in seguito, avevano architettato un piano, pensando che i nostri, dopo la resa, avrebbero tolto i presidi o, almeno, avrebbero allentato la sorveglianza. Perciò, con le armi che si erano tenute e avevano nascosto oppure con scudi di corteccia o vimini intrecciati, ricoperti di pelli sul momento, come richiedeva l'esiguo tempo a disposizione, dopo mezzanotte tentarono in massa un'improvvisa sortita, puntando contro le nostre fortificazioni per la via meno erta. Rapidamente, come da ordine precedente di Cesare, furono fatte segnalazioni coi fuochi e dalle ridotte più vicine accorsero i nostri.

Il nemico si batté con accanimento, come si addice a guerrieri valorosi che, costretti a lottare, nel momento estremo e in una posizione difficile, contro avversari che scagliavano su di loro frecce dal vallo e dalle torri, ripongono ogni speranza di salvezza solo nel proprio valore.

Ne furono uccisi circa quattromila, gli altri vennero ricacciati in città. Il giorno seguente furono abbattute le porte, ormai sguarnite, e i nostri soldati entrarono in città. Cesare vendette all'asta tutto quanto il bottino. I compratori gli riferirono il numero dei prigionieri: cinquantatremila.

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