I timori di Cicerone nel processo a Verre

Inizio: Non possum dissimulare, iudices; timeo ne C. Verres propter hanc eximiam virtutem in re militari omnia quae fecit impune fecerit. ... Fine: Eadem nunc ab illis defensionis ratio viaque temptatur, idem quaeritur.

Non posso nasconderlo, giudici: temo che Gaio Verre si sia assicurata l’impunità per tutti i misfatti che ha compiuto in forza del suo singolare valore in campo militare.

Mi viene infatti in mente quanto peso e quanta influenza si valutò che avesse avuto, nel processo di Manio Aquilo, l’orazione di Marco Antonio; lui stesso, dotato com’era nell’oratoria non solo di abilità dialettica, ma anche di impeto, quando ormai la perorazione era quasi conclusa, afferrò Manio Aquilio, lo presentò alla vista di tutti e gli strappò la tunica dal petto, perché il popolo romano e i giudici vedessero le cicatrici ricevute in pieno petto;

nello stesso tempo parlò diffusamente anche di quella ferita che egli aveva subito alla testa dal capo dei nemici e spinse coloro che dovevano pronunciare con fermezza la sentenza al punto di temere che quell’uomo, che la sorte aveva sottratto ai dardi dei nemici, visto che lui stesso non aveva avuto riguardo per la propria salvezza, sembrasse esser stato salvato non per avere la lode del popolo romano ma per essere esposto alla crudeltà dei giudici.

Ora viene tentata da loro la stessa strategia di difesa, si cerca lo stesso risultato.

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