Cicerone fa tirocinio sotto maestri greci (Versione Latino)

Cicerone fa tirocinio sotto maestri greci
versione di latino di Cicerone

Ego autem iuris civilis studio multum operae dabam Q. ScaevolaeP. f. , qui quamquam nemini ad docendum dabat, tamen consulentibus respondendo studiosos audiendi docebat....

Traduzione
Io, avendo un forte interesse per il diritto civile, seguivo con grande assiduità Quinto Scevola figlio di Publio il quale, sebbene in nessun caso si prestasse ad insegnare, tuttavia, nel rispondere a quanti lo consultavano, insegnava a coloro che mettevano impegno nell’ascoltarlo.

E l’anno successivo a questo fu quello del consolato di Silla e di Pompeo. Allora potei conoscere a fondo tutto il genere d’eloquenza di Publio Sulpicio, che nel corso del suo tribunato parlava quotidianamente di fronte all’assemblea popolare; e nello stesso periodo, una volta che il capo dell’Accademia, Filone, fuggito dalla sua patria insieme aimaggiorenti di Atene in seguito alla guerra mitridatica, si fu stabilito a Roma, mi dedicai interamente a lui, animato da uno straordinario trasporto per lo studio della filosofia;

in esso indugiavo con interesse tanto più vivo – è vero che mi avvincevano la stessa varietà e importanza dei problemi, con l’immenso piacere che mi procuravano, ma tuttaviala normalità giudiziaria mi pareva abolita per sempre. In quell’anno era morto Sulpicio; in quello successivo tre oratori di tre generazioni, Quinto Catulo, Marco Antonio e Gaio Giulio, erano stati uccisi nella maniera più atroce. Nello stesso anno seguii a Roma anche Molone di Rodi, sommo avvocato e maestro d’eloquenza.

Di queste cose, anche se sembrano esulare dal piano che ci siamo prefissi, io ho fatto menzione di proposito, perché tu, Bruto, dal momento che hai espresso questo desiderio, potessi renderti conto appieno – per Attico, invece, sono cose ben note – di quello che è stato il mio percorso, e vedere in che modo, in questo cammino, io abbia tenuto dietro a Ortensio sulle sue stesse orme. Per circa tre anni Roma non conobbe contese armate; ma a

causa della morte, della partenza volontaria, o dell’esilio di tanti oratori – tra l’altro, erano lontani anche due giovani come Marco Crasso e i due Lentuli – nei processi Ortensio era l’oratore più in vista, Antistio di giorno in giorno si faceva apprezzare sempre di più, Pisone parlava spesso, meno spesso Pomponio, Carbone di rado, e Filippo non parlò più di una volta o due; mentre io, in tutto questo periodo, attendevo giorno e
notte allo studio di tutte le discipline.

Stavo con lo Stoico Diodoto, che, dopo avere abitato presso di me e con me vissuto, in casa mia è morto qualche tempo fa. Mi guidava in esercizi diversi, e specialmente in quelli di dialettica, la quale deve essere considerata, per così dire, un’eloquenza contratta e serrata; e senza la quale anche tu, Bruto, hai ritenuto non si potesse conseguire l’eloquenza, quella nel senso più pieno, che viene
considerata una dialettica dilatata.

A questo maestro e alle sue molte e varie scienze io mi dedicavo senza tuttavia mai tralasciare per un solo giorno gli esercizi oratori.

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