Da quali ragioni Cicerone è stato indotto a tradurre le orazioni di Demostene (Versione Cicerone)

Da quali ragioni Cicerone è stato indotto a tradurre le orazioni di Demostene e di Eschine e quali sono stati i suoi criteri di traduzione
Autore: Cicerone

Sed cum in eo magnus error esset, quale esset id dicendi genus, putavi mihi suscipiendum laborem utilem studiosis, mihi quidem ipsi non necessarium.

Converti enim ex Atticis duorum eloquentissimorum nobilissimas orationes inter seque contrarias, Aeschinis et Demosthenis; nec converti ut interpres, sed ut orator, sententiis isdem et earum formis tamquam figuris, verbis ad nostram consuetudinem aptis. In quibus non verbum pro verbo necesse habui reddere, sed genus omne verborum vimque servavi. Non enim ea me adnumerare lectori putavi oportere, sed tamquam appendere. Hic labor meus hoc assequetur, ut nostri homines quid ab illis exigant, qui se Atticos volunt, et ad quam eos quasi formulam dicendi revocent intellegant. 'Sed exorietur Thucydides; eius enim quidam eloquentiam admirantur. ' Id quidem recte; sed nihil ad eum oratorem quem quaerimus. Aliud est enim explicare res gestas narrando, aliud argumentando criminari crimenve dissolvere; aliud narrantem tenere auditorem, aliud concitare. 'At loquitur pulchre. ' Num melius quam Plato? Necesse est tamen oratori quem quaerimus controversias explicare forensis dicendi genere apto ad docendum, ad delectandum, ad permovendum.
Ora, visto che regna una grande confusione a riguardo della vera essenza [quale esset] di quel genere d'eloquenza ho stimato di dovermi accollare un compito utile a chi si dedica, per quanto io, per me, di certo non ne necessitassi.
Ovvero, ho tradotto (dal greco) le più famose e belle orazioni dei due, in assoluto, più facondi oratori attici, Eschine e Demostene, l'una contro l'altra. Nè le ho tradotte vestendo i panni di interprete, bensì (quelli di) oratore, riproducendone. con le stesse loro i concetti e forme in gerco [tamquam] "figure" - ma con termini che si attagliassero [aptis] alla nostra consuetudine (linguistica). Nel far ciò, non ho ritenuto necessario procedere ad una puntuale traslitterazione delle parole da una lingua all'altra, bensì ne ho preservato tutta l'efficacia e la forza: insomma ho ritenuto che non dovessi limitarmi a "contare" le parole al lettore, quanto piuttosto a "soppesarle", volendo esprimermi così.
Questa mia fatica si propone questo scopo: che i nostri uomini intenda(no) che cosa pretendere da coloro che professano l'atticismo e a quale, per così dire, "formula del dire" richiamarli.
"Ma sorgerà (l'astro di) Tucidide; infatti, c'è chi nutre grande ammirazione per la sua eloquenza". A buon ragione. Tuttavia, (l'esempio di Tucidide) non apporta alcunchè al(la formazione del) mio oratore ideale (lett. che cerco; pl. maiestatis).

Una cosa è, infatti, l'esposizione storica dei fatti (explicare res gestas narrando) altra cosa (è invece) istruire o smontare un'accusa. Una cosa (è) mantener desta, col racconto (narrantem), l'attenzione di chi ascolta, altra cosa (è) infervorarlo. (Mi si obietterà): "Ma (Tucidide) parla divinamente!". Forse più di Platone?
In realtà, si rende necessario al mio oratore ideale risolvere (piuttosto) controversie nel foro, con uno stile oratorio atto a "docere", dilettare e persuadere.
Causa ipsa abhorret illa quidem a formula consuetudinis nostrae, sed est magna. Habet enim et legum interpretationem satis acutam in utramque partem et meritorum in rem publicam contentionem sane gravem. Itaque causa fuit Aeschini, cum ipse a Demosthene esset capitis accusatus, quod legationem ementitus esset, ut ulciscendi inimici causa nomine Ctesiphontis iudicium fieret de factis famaque Demosthenis. Non enim tam multa dixit de rationibus non relatis, quam de eo quod civis improbus ut optimus laudatus esset. Hanc multam Aeschines a Ctesiphonte petivit quadriennio ante Philippi Macedonis mortem; sed iudicium factum est aliquot annis post Alexandro iam Asiam tenente; ad quod iudicium concursus dicitur e tota Graecia factus esse. Quid enim tam aut visendum aut audiendum fuit quam summorum oratorum in gravissima causa accurata et inimicitiis incensa contentio? Quorum ego orationes si, ut spero, ita expressero virtutibus utens illorum omnibus, id est sententiis et earum figuris et rerum ordine, verba persequens eatenus, ut ea non abhorreant a more nostro?quae si e Graecis omnia conversa non erunt, tamen ut generis eiusdem sint, elaboravimus?, erit regula, ad quam eorum dirigantur orationes qui Attice volent dicere. Sed de nobis satis. Aliquando enim Aeschinem ipsum Latine dicentem audiamus.
La causa in se stessa si discosta alquanto dalla procedura giudiziaria in uso qui da noi: ciononostante, è di rilievo. Si fonda, infatti, (ha) su un'interpretazione del diritto abbastanza sottile su entrambi i fronti e verte su un contenzioso, piuttosto grave, di benemerenze nei riguardi dello Stato.


La causa fu impugnata da Eschine - accusato da Demostene di delitto capitale s] per aver corrotto l'ambasceria - al fine di denigrare l'operato [factis] e la fama di Demostene attraverso Ctesifonte "Contro Ctesifonte", per vendicarsi del nemico. In realtà, Eschine non si soffermò tanto sul fatto che (Demostene) non avesse dato conto, quanto sul fatto che un cittadino disonesto fosse invece onorato come integerrimo. Eschine comminò l'imputazione a Ctesifonte quattro anni prima della morte di Filippo il Macedone; ma il processo si svolse solo alcuni anni dopo che Alessandro già dominava sui territori asiatici; a quanto si racconta, ad prender parte a quel processo convenne l'intera Grecia. Che cosa c'è, infatti, di tanto appetibile da vedere e sentire quanto un processo capitale imbastito da eccellenti oratori che si svolge, per giunta, sulla linea di un contenzioso rinfocolato da rivalità politiche? Ora, qualora io riesca a rendere, come spero, le orazioni di quei due utilizzando tutte le capacità? - vale a dire, i concetti, i giochi stilistici [ l'esposizione dei fatti in modo che ttutto non si discosti dalla nostra pratica (giudiziaria ed oratoria) - certo, anche se la traduzione dal greco non sarà letterale, m'impegno tuttavia a riprodurle il più fedelmente possibile. costituirò un canone verso il quale s'indirizzeranno le orazioni di coloro che desiderino esprimersi secondo lo stile attico. Ma ho già parlato abbastanza di questo mio lavoro. Passiamo piuttosto ad ascoltare Eschine parlare latino.

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