Elogio di un amico morto - Versione cicerone

Elogio di un amico morto versione latino cicerone

Ego si Scipionis desiderio me moveri negem, […] certe mentiar. Moveor enim tali amico orbatus, qualis, ut arbitror, nemo unquam erit, ut confirmare possum, nemo certe fuit....

Mentirei sicuramente, se sostenessi che non soffro per la nostalgia di Scipione. Soffro, infatti, privato di un amico tale che, come credo, nessuno mai vi sarà, né, come posso provare, per certo vi fu. Ma non ho bisogno di medicina:

mi conforto da me stesso, e soprattutto con quella consolazione, (cioè) che sono esente da quello sbaglio dal quale i più sono solitiessere angustiati alla morte degli amici. Credo, infatti, che a Scipione non accadde nulla di male; capitò a me, se capitò qualcosa. Se, infatti, non voleva desiderare l’immortalità, cosa non ha ottenuto che all’uomo sia lecito desiderare?

Egli che da giovane superò la grandissima speranza dei cittadini, che avevano riposto in lui fin da fanciullo, con incredibile valore e senza interruzioni; egli che non si candidò mai al consolato, fu eletto console due volte, la prima innanzi tempo, la seconda a suo tempo per lui, forse troppo tardi per lo Stato; egli che, distrutte due città fiere avversarie di quest’impero, pose fine alle guerre non solo presenti, ma anche future.

Che dire dei (suoi) semplicissimi costumi, della (sua) devozione verso la madre, della (sua) generosità verso le sorelle, della (sua) benevolenza verso i suoi, della (sua) equità nei confronti di tutti? Quanto, d’altra parte, sia stato caro alla città fu mostrato dal dolore per la sua morte

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