Feroce supplizio di un cittadino romano - Versione cicerone

Feroce supplizio di un cittadino romano versione latino Cicerone
Parte I

Gavius hic quem dico, Consanus, cum in illo numero civium Romanorum ab isto in vincula coniectus esset et nescio qua ratione clam e...

Parte II

Agit hominibus gratias et eorum benivolentiam erga se diligentiamque conlaudat....

Parte I

Gavius hic quem dico, Consanus, cum in illo numero civium Romanorum ab isto in vincla coniectus esset et nescio qua ratione clam e...

Questo Gavio di cui parlo, originario di Compsa, era stato gettato in carcere dal nostro imputato con quel gruppo di cittadini romani di cui conoscete la storia e, non so con quale sistema, era riuscito a evadere in gran segreto dalle latómie e a giungere a Messina, da dove poteva vedere ormai così vicina l'Italia e le mura di Reggio, i cui abitanti godono della cittadinanza romana; a questo punto, liberatosi dalla paura della morte e dalle tenebre in cui ero stato recluso, rinfrancato per così dire dalla luce della libertà e da una specie di profumo che le leggi diffondevano nell'aria, si era sentito rinascere; perciò si mise a conversare con i Messinesi: si lamentava di essere stato gettato in carcere pur essendo un cittadino romano e diceva che se ne sarebbe andato direttamente a Roma e si sarebbe tenuto pronto ad affrontare Verre al momento del suo ritorno.

Il poveretto non si rendeva conto che tra il manifestare questi propositi di vendetta a Messina o davani al governatore fra le mura del suo palazzo, non correva nessuna differenza. Infatti, come vi ho fatto notare in precedenza, verre si era scelto questa città per poterne disporre come favoreggiatrice dei suoi delitti, ricettatrice dei suoi furti, complice delle sue infamie. Perciò Gavio viene subito tradotto davanti al magistrato supremo di Messina e proprio in quel giorno il caso vuole che giunga in città Verre.

Gli vengono denunciati i fatti: c'era lì un cittadino romano che si lamentava di essere stato imprigionato nelle latómie a Siracusa, poi, mentre stava per imbarcarsi e lanciava all'indirizzo di Verre minacce terribili oltre ogni limite, era stato da loro riportato indietro e tenuto sotto buona guardia, perché fosse il governatore in persona ad adottare contro di lui i provvedimenti che ritenesse opportuni.

Parte II

Egli stesso infiammato di scellerato furore venne nel foro; gli occhi ardevano, la crudeltà traspariva da tutto il volto.

Tutti erano in attesa (di capire) fino a che punto infine si sarebbe spinto o che cosa mai avrebbe fatto, quando all’improvviso ordina che l’uomo venga trascinato e denudato nel mezzo del foro e legato e (ordina) che si preparino le verghe.

Quel misero continuava a gridare di essere un cittadino romano, cittadino del municipio di Cosa, di aver prestato servizio militare con Lucio Recio, illustrissimo cavaliere romano, che aveva affari a Palermo, dal quale (Verre) avrebbe potuto sapere queste cose. Allora questo (disse)

di aver saputo che lui era stato mandato in Sicilia dai capi dei fuggitivi per spiare; della qualcosa nessuno aveva alcuna accusa ufficiale o una traccia o alcun sospetto; quindi ordina che l’uomo sia percosso assai violentemente da ogni parte.

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