Grandi sono le responsabilità dei capi - Cicerone versione latino

Grandi sono le responsabilità dei capi versione latino Cicerone traduzione libro Nuovo comprendere e tradurre
Ut enim cupiditatibus principum et vitiis infici solet tota civitas, sic emendari et corrigi continentia ...
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Ut enim cupiditatibus principum et vitiis infici solet tota civitas, sic emendari et corrigi continentia....

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Ut enim cupiditatibus principum et vitiis infici solet tota civitas, sic emendari et corrigi continentia ...

Infatti come tutta la città è solita essere danneggiata dai desideri e dai vizi dei capi, così suole essere emendata e corretta dalla loro moderazione.

Ma i difetti degli ottimati non sono tanto un male in sé, sebbene questo sia già un grande male di per sé stesso, quanto per il fatto che degli ottimati spuntino fuori moltissimi imitatori. È possibile vedere infatti che, volendo andare indietro nel tempo, a seconda di quali siano stati i maggiori esponenti della città, tale fu pure la città; e qualunque cambiamento morale si sia manifestato negli ottimati, il medesimo cambiamento ne è seguito nel popolo.

Per questo appunto i maggiori responsabili della rovina dello stato sono i nobili corrotti, in quanto non soltanto nutrono in sé i propri vizi, ma li trasmettono ai cittadini, e sono di danno non soltanto per la loro stessa corruzione, ma anche perché essi corrompono, e nuocciono più con il cattivo esempio che con la loro colpa.

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Come infatti l'intera città è di solito contaminata dalle passioni e dai vizi dei principali esponenti, così essa viene risanata e corretta dal loro equilibrio.

Si raccontava che quel grande uomo ed amico di noi tutti, L. Lucullo, al rimprovero che gli era stato mosso circa la magnificenza della sua villa di Tuscolo, avesse risposto molto garbatamente, di avere due vicini, un cavaliere romano quello di ceto più elevato, e un liberto di ceto inferiore; avendo costoro delle ville magnifiche, si doveva pur concedere a lui quanto era lecito a coloro che appartenevano ad una classe inferiore. Ma non vedi, Lucullo, che da te nacque appunto quel problema, cioè che essi desiderassero ciò che a loro non sarebbe stato lecito, se tu non l'avessi fatto? E chi mai avrebbe potuto sopportare tali uomini, vedendo le loro ville zeppe di statue e di quadri, in parte appartenenti allo Stato, in parte perfino ad enti religiosi e luoghi sacri?

Chi non metterebbe fine alle loro brame, se appunto coloro che dovrebbero frenarle, non fossero succubi della stessa cupidigia? Ma i difetti degli ottimati non sono tanto un male in sé, sebbene questo sia già un grande male di per sé stesso, quanto per il fatto che degli ottimati spuntino fuori moltissimi imitatori. È possibile vedere infatti che, volendo andare indietro nel tempo, a seconda di quali siano stati i maggiori esponenti della città, tale fu pure la città; e qualunque cambiamento morale si sia manifestato negli ottimati, il medesimo cambiamento ne è seguito nel popolo. E questo è molto più vero di quanto ritiene il nostro Platone.

Egli afferma che le condizioni dello Stato mutano col mutare degli stili musicali; io invece penso che i costumi delle città cambino dopo che è cambiato il tenore di vita dei nobili. Per questo appunto i maggiori responsabili della rovina dello Stato sono i nobili corrotti, in quanto non soltanto nutrono in sé i propri vizi, ma li trasmettono ai cittadini, e sono di danno non soltanto per la loro stessa corruzione, ma anche perché essi corrompono, e nuocciono più con il cattivo esempio che con la loro colpa.

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