I capi e i reggitori dello Stato devono essere disinteressati - Versione Cicerone da tesserae

I capi e i reggitori dello Stato devono essere disinteressati versione latino Cicerone libro Tesserae n. 32 pag. 217

Omni Macedonum gaza, quae fuit maxima, potitus [est] Paulus; tantum in aerarium pecuniae invexit, ut unius imperatoris praeda finem attulerit tributorum....

Paolo s'impadronì di tutto il tesoro dei Macedoni, che era enorme, e versò nell'erario tanto denaro che il bottino di un solo generale permise di mettere fine alle tasse; ma egli non portò niente a casa sua, tranne il ricordo eterno del nome. L'Africano imitò il padre, e, abbattuta Cartagine, non fu per niente piu ricco.

E che? Colui che fu suo collega nella pretura, Lucio Mummio, forse che diventò più ricco dopo aver distrutto sin dalle fondamenta una città ricchissima? Preferì abbellire l'Italia piuttosto che la sua casa; benché, abbellita l'Italia, la sua stessa casa mi sembra più ornata.

Nessun vizio, dunque, è più vergognoso (per riportare il discorso là donde si è allontanato), dell'avidità, soprattutto nei capi e negli amministratori di uno Stato. Considerare, difatti, lo Stato come fonte di guadagno non solo è vergognoso, ma anche scellerato ed empio. Perciò quell'oracolo proferito da Apollo Pizio, e cioè che Sparta non sarebbe perita per nessun'altra causa se non per l'avidità, mi sembra che sia stato predetto non solo per gli Spartani, ma anche per ogni popolo ricco.

Coloro che sono a capo di uno Stato non possono con alcun altro mezzo procacciarsi più facilmente la benevolenza della moltitudine che con l'integrità morale e la moderazione

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