Un governatore romano prepotente e ladrone - versione latino Cicerone

Un governatore romano prepotente e ladrone
Autore: Cicerone

Segesta est oppidum veterrimum, quod ab Enea fugiente a patria conditum esse tradunt, cuius incolae amicitia populi Romani iamdiu utebantur.

Apud hos fuit ex aere Dianae signum, singulari artificio factum, quod antiquissima veneratione ab omnibus Siciliensibus colebatur. Haec Diana erat posita in templo quodam in sane excelsa basi, in qua grandibus litteris Publii Africani nomen erat incisum. Erat admodum amplum et excelsum signum cum stola matronali; verumtamen inerat in illa maiestate facies et habitus virginalis. Hanc cum Verres, Siciliae praetor, vidisset flagrare cupiditate coepit. Tunc imperavit magistratibus ut eam de basi demolirentur sibique darent. Qui cum negarent, modo eos rogabat, modo iis minabatur. Tandem Segestani, magno metu praetoris victi, eius imperio obtemperare coacti sunt. Segesta è un'antichissima città dei Siciliani, la quale si tramanda fu fondata da Enea mentre fuggiva dalla patria e cercava per sè nuove abitazioni, e gli abitanti di questa città godevano da tempo dell' amicizia col popolo Romano.

Preso questi ci fu una statua di bronzo di Diana, lavorata con singolare perizia, che era onorata con un' antichissima e singolare venerazione da tutti i Siciliani. Questa Diana era situata a Segesta, in un tempio, su una davvero alta base, nella quale era stato inciso con grandi lettere il nome di Publio Africano. Era tanto grande ed era una statua veramente splendida e importante con la stola matronale; tuttavia vi era in quella maestà un aspetto e un portamento da vergine.

Le frecce pendevano dalla spalla, nella mano sinistra teneva un arco d'argento, nella desta tendeva in avanti una fiaccola ardente. Quando Verre, pretore della Sicilia, ladro di templi e di tutti i santuari, ebbe visto questa, cominciò ad ardere di cupidigia e follia. Allora comandò ai magistrati di Segesta che togliessero quella dalla base e che la dessero a lui. E questi quando negarono, ora li supplicò, ora li minacciò. Alla fine i Segestani, vinti dalla grande paura per il pretore, furono costretti a ubbidire al suo comando.

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