Vita e morte secondo il Catone Ciceroniano - Versione latino Cicerone

Vita e morte secondo il Catone Ciceroniano
Autore: Cicerone
Versione da Il latino degli autori

Quid habet enim vita commodi? Quid non potius laboris? Sed habeat sane, habet certe tamen aut satietatem aut modum.

Non lubet enim mihi deplorare vitam, quod multi, et ei docti, saepe fecerunt, neque me vixisse paenitet, quoniam ita vixi, ut non frustra me natum existimem, ut ex vita ita discedo tamquam ex hospitio, non tamquam e domo. Commorandi enim natura devorsorium nobis, non habitandi dedit. O praeclarum diem, cum in illud divinum animorum concilium coetumque proficiscar cumque ex hac turba et conluvione discedam! Proficiscar enim non ad eos solum viros, de quibus ante dixi, verum etiam ad Catonem meum, quo nemo vir melior natus est, nemo pietate praestantior; cuius a me corpus est crematum, quod contra decuit ab illo meum, animus vero, non me deserens sed respectans, in ea profecto loca discessit, quo mihi ipsi cernebat esse veniendum. Quem ego meum casum fortiter ferre visus sum, non quo aequo animo ferrem, sed me ipse consolabar existimans non longinquum inter nos digressum et discessum fore.
Infatti, che vantaggi offre la vita? Non presenta piuttosto dei problemi?

Ma ammettiamo pure che dei vantaggi ci siano: tuttavia comportano o la sazietà o un limite. Non mi piace deplorare la vita, come hanno fatto spesso molti, persino saggi, e non mi pento di aver vissuto perché ho vissuto in modo tale che credo di non essere nato invano. E lascio la vita come un albergo, non come una casa: la natura, infatti, ha messo a nostra disposizione un alloggio per farvi una sosta, non per abitarvi. O splendido il giorno in cui partirò per quel divino consesso di anime e taglierò i ponti con questa immonda confusione! Me ne andrò non solo per unirmi a quegli uomini, di cui ho parlato prima, ma soprattutto al mio Catone, del quale non è mai nato uomo migliore o superiore per amore filiale.

Ho cremato il suo corpo, quando lui avrebbe dovuto cremare il mio, ma la sua anima non mi ha abbandonato: volgendosi a guardarmi, se ne andava in quel mondo che, come sapeva, avrei raggiunto anch'io. Se vi è parso che sopportassi con coraggio questa mia disgrazia, sappiate che in me non c'era indifferenza, ma intimamente mi consolavo al pensiero che il nostro distacco e la nostra separazione non sarebbero durati a lungo.

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