Temistocle accusato di tradire la patria si rifugia dal re Admeto (Versione latino Nepote)

Temistocle accusato di tradire la patria
si rifugia dal re Admeto
Autore: Cornelio Nepote DOMUS / Insulae morf.

Athenienses nimiam potentiam civium suorum extimescebant neque Themistòcles effugit illorum invidiam.

Nam testularum suffragiis e civitate eiectus Argos habitatum concessit. Hic cum propter multas virtutes magna cum dignitate viveret, Lacedaemonii legatos Athenas miserunt, qui eum ac-cusarent quod fecisset societatem cum rege Persarum ad Graeciam opprimendam. Hoc crimine absens damnatus est. Id ut audivit, quod non satis tutum se Argis videbat, putavi sibi in alium locum dernigrandum esse. Itaque ad Admetum, Molossum regem, cum quo ei hospitium erat, confugit.

Huc cum venisset, quo maiore religione hospitem receptum rex tueretur, filiam eius parvulam arripuit et cum se coniecit in sacrarium, quod summa caerimo­nia colebatur. Inde non prius egressus est quam rex eum, data dextra, in fidem reciperet.
Traduzione
Gli Ateniesi temevano l’eccessiva potenza dei loro concittadini, e Temistocle non scmpò la loro invidia.

Infatti, mandato via dalla città con il sistema dell’ostracismo, andò a vivere ad Argo.
Ma poiché viveva qui, per i suoi molti pregi, con grande reputazione, gli Spartani inviarono ambasciatori ad Atene, che lo accusassero perché aveva fatto un’alleanza con il re dei Persiani per opprimere la Grecia.

Per questo crimine fu condannato, essendo assente. Appena udì ciò, poiché non si sentiva abbastanza sicuro ad Argo, pensò di dover andare in un altro luogo.

Pertanto si rifugiò da Admeto, re dei Molossi, con il quale a lui era un vincolo di ospitalità (aveva). Dopo che era giunto in questo luogo, affinché il re proteggesse con maggiore vincolo religioso l’ospite accolto, prese una figlia piccolina di lui e la portò con sé nel sacrario, che era venerato con la più grande religione.

Da quel luogo non uscì prima che il re, data la destra, si impegnasse con lui con giuramento.

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