Alessandro assedia Gaza ma un prodigio lo ferma (Versione Curzio Rufo)

Alessandro assediava la città di Gaza. Al comando della città vi era Betis, uomo di assoluta fedeltà al suo re, e presidiava con uno sparuto drappello le mura, di imponente costruzione.

Alessandro, dopo aver considerato le caratteristiche del luogo, ordinò che fossero scavati dei cunicoli, in quanto il terreno cedevole e friabile favoriva agevolmente uno scavo sotterraneo: infatti il mare vicino gettava fuori molta sabbia e non vi erano sassi o scogli ad ostacolare lo scavo. Quindi, iniziato lo scavo dalla parte che gli assediati non potevano scorgere, fece accostare le torri alle mura, in modo da distogliere la loro attenzione. Ma lo stesso terreno, dannoso per il movimento delle torri, a causa dello sprofondamento della sabbia ostacolava la mobilità delle ruote e sconnetteva i tavolati delle torri, e molti venivano colpiti senza difesa poiché lo sforzo stremava coloro che allontanavano ed accostavano le torri. Dunque, dato il segnale della ritirata, il giorno dopo Alessandro fece circondare le mura da una cerchia di soldati, e al sorger del sole, prima di muovere l’esercito, implorando l’aiuto degli dèi, sacrificò secondo il costume patrio:

un corvo, che sorvolava per caso la zona, lasciò cadere improvvisamente una zolla che recava tra gli artigli, la quale, dopo aver colpito il capo del re, cadde al suolo disfatta, mentre l’uccello si posò su una torre vicina. La torre era stata spalmata di zolfo e di bitume, per cui il corvo, tentando invano di liberare le ali in essi impigliate, fu catturato dagli astanti. Il fatto sembrò meritevole di un’interpretazione da parte degli indovini; Alessandro aveva una mente non immune dalla superstizione. Allora Aristandro, nel quale era riposta la massima fiducia, spiegò che con quel prodigio veniva di certo preconizzata la presa della città, però vi era il pericolo che il re riportasse una ferita.

Pertanto lo invitò a non intraprendere nulla in quel giorno. Quello, benché mal tollerasse che una sola città gli impedisse di entrare sicuro in Egitto, tuttavia obbedì al vate e diede il segnale della ritirata. Da ciò l’animo degli assediati si rinfrancò, e usciti dalla porta assalirono quelli che si ritiravano, ritenendo che l’esitazione dei nemici rappresentasse la loro occasione. Ma intrapresero una battaglia con più ardore che fermezza: infatti, appena videro le insegne dei Macedoni voltarsi, rapidamente si arrestarono.

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