Discorso di Alessandro - VERSIONE latino Curzio Rufo

At enim Persae, quos vicimus, in magno honore sunt apud me! Equidem moderationis meae certissimum indicium est, quod ne victis quidem superbe impero.

Veni enim in Asiam, non ut funditus everterem gentes nec ut dimidiam partem terrarum solitudinem facerem, sed ut illos, quos bello subegissem, victoriae meae non paeniteret. Itaque militant vobiscum, pro imperio vestro sanguinem fundunt, qui superbe habiti rebellassent. Non est diuturna possessio, in quam gladio inducimur; beneficiorum gratia sempiterna est. Si habere Asiam, non transire volumus, cum his communicanda est nostra clementia: horum fides stabile et aeternum faciet imperium. Et sane plus habemus, quam capimus. Insatiabilis autem avaritiae est adhuc inplere velle quod iam circumfluit. Morem tamen eorum in Macedonas transfundo! In multis enim gentibus esse video, quae non erubescamus imitari; nec aliter tantum imperium apte regi potest, quam ut quaedam et tradamus illis et ab isdem discamus.


Ma certo i Persiani, che abbiamo sconfitto, godono di grande onore presso di me! Senza dubbio è una prova inconfutabile della mia moderazione, poiché neppure sui vinti esercito con arroganza il mio potere. Sono infatti venuto in Asia, non per sterminare dei popoli né per fare un deserto della metà delle terre, ma perché coloro che ho sottomesso con la guerra non avessero a dolersi della mia vittoria. E così militano assieme a voi, per il vostro impero versano il loro sangue, essi che si sarebbero ribellati se trattati con arroganza. Non è durevole il dominio a cui siamo portati dalla spada; eterna è la gratitudine dei benefici.

Se vogliamo possedere l’Asia, non attraversarla, la nostra clemenza dev’essere accomunata con loro: la loro fedeltà renderà stabile ed eterno l’impero. E certamente possediamo più di quanto possiamo contenere. È proprio poi di un’insaziabile ingordigia volere ancora riempire ciò che già sovrabbonda. Tuttavia impongo i loro costumi ai Macedoni! Infatti in molti popoli noto cose che non dobbiamo vergognarci di imitare; e un così grande impero non può esser governato convenientemente altrimenti che trasferendo noi alcune cose a loro ed imparandone altre da loro.

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