L'esercito di Alessandro Magno è colto da una bufera - VERSIONE latino Curzio Rufo

Primus dies quietum iter praebuit; proximus ei, nondum quidem procellosus et tristis, obscurior tamen pristino non sine minis crescentis mali praeteriit.

Tertio ab omni parte caeli emicare fulgura, et nunc internitente luce nunc condita non oculos modo meantis exercitus, sed etiam animos terrere coeperunt. Erat prope continuus caeli fragor, et passim cadentium fulminum species visebatur; attonitisque auribus stupens agmen nec progredi nec considere audebat. Tum repente imber grandinem incutiens torrentis modo effunditur, ac primo quidem armis suis tecti exceperant; sed iam nec retinere arma lubrica [et] rigentes manus poterant nec ipsi destinare, in quam regionem obverterent corpora, cum undique tempestatis violentia maior, quam vitabatur, occurreret. Ergo ordinibus solutis per totum saltum errabundum agmen ferebatur; multique prius metu quam labore defetigati prostraverant humi corpora, quamquam imbrem vis frigoris concreto gelu adstrinxerat.

Alii se stipitibus arborum admoverant; id plurimis et adminiculum et suffugium erat.
Il primo giorno permise un viaggio tranquillo; il secondo, certamente non ancora tempestoso e triste ma tuttavia più oscuro del precedente, trascorse non senza le avvisaglie dell’incombente disgrazia. Il terzo cominciarono a guizzare lampi da ogni parte del cielo, e poiché a momenti sfolgorava la luca, a momenti vi era buio, essi cominciarono ad atterrire non solo gli occhi dell’esercito in marcia, ma anche gli animi. Ormai era quasi incessante il fragore del cielo, e qui e là si scorgeva l’immagine dei fulmini che cadevano; e la colonna, smarrita e con le orecchie attonite, non osava né avanzare né arrestarsi. Quindi all’improvviso si rovesciò una pioggia torrenziale che si trasformò in grandine, e dapprima i soldati l’accolsero riparandosi con le proprie armi; ma ormai le mani intirizzite non potevano reggere le armi scivolose né essi stessi potevano stabilire in che direzione volgere il corpo, poiché da ogni parte a violenza della tempesta li investiva più intensa di quella che volevano evitare.

Quindi a ranghi sparsi l’esercito si aggirava errabondo per tutto il passo; e molti, stremati prima dalla paura che dalla fatica, avevano abbandonato a terra i loro corpi, benché l’intensità del freddo avesse irrigidito la pioggia in duro ghiaccio. Altri si erano accostati ai tronchi degli alberi; per molti ciò fungeva sia da sostegno che da riparo.

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