Il proemio delle Argonautiche di Apollonio Rodio

Ἀρχόμενος σέο Φοῖβε παλαιγενέων κλέα φωτῶν μνήσομαι οἳ Πόντοιο κατὰ στόμα καὶ διὰ πέτρας Κυανέας βασιλῆος ἐφημοσύνῃ Πελίαο χρύσειον μετὰ κῶας ἐύζυγον ἤλασαν Ἀργώ....

Da te sia l'inizio, Febo, a che io ricordi le gesta degli eroi antichi che attraverso le bocche del Ponto e le rupi Cianee, eseguendo i comandi di Pelia, guidarono al vello d'oro Argo, la solida nave. Il re Pelia aveva appreso un oracolo, che l'aspettava una sorte atroce in futuro:

chi tra i suoi sudditi avesse visto venire calzato di un solo sandalo, quello con le sue trame gli avrebbe dato la morte. Non molto tempo dopo, secondo il tuo oracolo, Giasone, mentre guadava d'inverno l'Anauro, trasse in salvo dal fango un sandalo solo, e l'altro lo lasciò in fondo all'acqua.

Presto giunse da Pelia, per prendere parte al banchetto che il re celebrava in onore di Poseidone suo padre e degli altri dei: ma di Era Pelasga non ebbe pensiero. Appena vide Giasone capì, e pensò per lui la fatica d'un duro e lungo viaggio, sperando che in mare o tra genti straniere perdesse la via del ritorno.

Come Argo costruì la sua nave, con il consiglio di Atena, cantano i poeti di un tempo: io voglio invece qui dire la stirpe degli eroi ed il nome, e i lunghi viaggi per mare, e tutte quante le imprese che essi compirono nel loro errare. Siano le Muse ministre del canto.

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