Achemenide racconta la disavventura con Polifemo

«Sum patria ex Ithaca, comes infelicis Ulixi, nomine Achaemenides, Troiam profectus ob patris paupertatem....

"Sono della patria di Itaca, compagno dell'infelice Ulisse, di nome Achemenide, partito per Troia per la povertà del padre.

Qui, mentre i compagni trepidi lasciano i crudeli confini, immemori nel vasto antro opaco, ingente, del Ciclope, mi abbandonarono. Questo stesso tocca le stelle elevate e nell'antro si nutre delle viscere e del sangue dei miseri. Subito non appena il gigante entrò nella spelonca e non appena ci vide, aggredì due dei compagni, li fracassò sulla roccia e li divorò: gli arti tiepidi tremavano sotto i denti.

Ulisse non sopportando tali cose, non si dimenticò di sé in un così grande pericolo: infatti, appena che si stese immenso per l'atrio eruttando sangue putrido, noi pregando i grandi numi e sorteggiando i posti, ci spargemmo insieme intorno da ogni parte, e trafiggemmo con una scheggia appuntita l'ingente occhio, che si nascondeva solo sotto la truce fronte e finalmente vendicammo le ombre dei compagni". Si era appena espresso così che abbiamo visto sul monte elevatissimo lo stesso pastore Polifemo che si muoveva con la vasta mole tra il bestiame e si dirigeva verso i lidi ignoti, un mostro orrendo, informe, ingente.
(By Maria D. )

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