Attico e Antonio (II)

Cito mutata sorte, Antonius rediit in Italiam, nec quisquam ignorabat Atticum in magno periculo esse propter intimam familiaritatem Ciceronis et Bruti....

Mutata rapidamente la sorte, Antonio ritornò in Italia, nessuno ignorava (ognuno sapeva) che Attico era in grande pericolo per l'intima familiarità di Cicerone e di Bruto.

Pertanto si era allontanato dal foro, temendo la proscrizione, e si nascondeva presso Publio Volumnio e aveva con sé Quinto Gellio Cano, coetaneo e molto simile a lui. Anche questo fu un esempio della bontà di Attico, il fatto che visse congiuntamente con lui, che aveva conosciuto da fanciullo a scuola, a tal punto che la loro amicizia crebbe fino alla vecchiaia.

Antonio invece anche se era animato da tanto odio verso Cicerone, da essere nemico non solo di costui ma anche dei suoi amici e da volerli proscrivere, tuttavia fu memore del dovere di Attico. Infatti di propria mano gli scrisse di non aver paura e di giungere subito presso di lui, e confermò di aver cancellato lui e per causa sua Cano dalla lista dei proscritti. E per non cadere in qualche pericolo, cosa che avveniva di notte gli inviò un presidio.

Così Attico fu in così grande pericolo non solo d'aiuto per lui stesso, ma anche per costui. Infatti se il timoniere, che preserva la nave dall'inverno e dal mare scoglioso, viene portato con una lode singolare, perché la prudenza di chi che è giunto da tanti e tanti travagli civili all'incolumità, non dovrebbe essere considerata singolare?

Versione tratta da Cornelio Nepote

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