Catilina, vattene da Roma!

Egredere aliquando ex Urbe, Catilina: patent portae; proficiscere. Educ tecum etiam omnes tuos; purga urbem....

Catilina, esci una buona volta dalla città, le porte sono aperte; parti. Porta con te anche tutti i tuoi (compari); purifica la città.

Non puoi più a lungo rivoltarti contro di noi: non lo sopporterò, non lo tollererò, non lo permetterò. Ora infatti attacchi apertamente tutto lo Stato; perciò farò quello che è  più utile per la salvezza comune. Infatti se ordinerò che tu venga ucciso, rimarrà nello Stato un restante manipolo di cospiratori. Se tu te ne andrai via, si allontanerà con te la banda infida dei tuoi compari.

Esci dalla città, libera lo Stato dalla paura, vattene in esilio. Che cosa c'è, Catilina? Vedi il silenzio dei senatori? Tollerano, tacciono. Ma mentre soffrono, decidono; quando fanno silenzio, protestano. Per questo, come ho già spesso detto, parti, allontanati con questo sfrontato manipolo di scellerati, inorgoglisciti del turpe latrocinio. Andrai una buona volta dove già da tempo questa tua sfrenata ingordigia  ti trascinava.

E questa cosa non ti procura dolore, ma un incredibile piacere. Per questa dissennatezza ti ha creato la natura, ti ha esercitato la volontà, ti ha aiutato la fortuna; tu non hai mai desiderato la pace: perciò vattene verso una guerra empia e infame.

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