Cicerone scrive al genero Dolabella: le critiche danno popolarità
Quis erat qui putaret ad eum amorem, quem erga te habebam, posse aliquid accedere?...
Chi era colui che pensava che all'amore, che io avevo per te, potesse aggiungersi qualcosa?
Aggiunse tanto dall'essere certo che ora e in futuro ti voglio bene, che te ne ho voluto in passato. Per tale ragione cosa c'è che io ti esorti a servire alla carica politica e alla gloria? Devo presentarti come modelli, cosa che sono soliti fare, coloro che esortano? Non ho nessuno più illustre di te stesso. Occorre che prenda te stesso come modello, per lottare tu stesso con te stesso.
Neppure ti è consentito di non essere simile a te appunto nelle imprese tanto grandi. Essendo ciò così (essendo tale la situazione), l'esortazione non è necessaria, che si usi più la congratulazione. Ti tocca infatti, ciò che non so o forse ciò che non avrà mai toccato ad alcuno, che la somma severità della critica politica non solo non è invidiosa ma è anche popolare, ed è molto gradita sia a tutti gli onesti che ai disonesti.
Ciò non capita per una certa fortuna, ma per la grandezza sia del tuo animo che del tuo ingegno. Ma dirò apertamente parecchie cose relativamente a tali argomentazioni presto: tu dato che consacri lo stato, fa in modo di salvaguardare moltissimo te stesso, mio Dolabella.
(By Maria D.)
Versione tratta da Cicerone
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