De Alexandri fortuna in periculis
Alexander inhibito suorum impetu ad Lycum amnem pervenerat, ubi ingens multitudo fugientium oneraverat pontem....
Alessandro dopo aver trattenuto l'assalto dei suoi, era arrivato al fiume Lico, dove una gran folla di fuggitivi aveva sovraccaricato il ponte.
Moltissimi, poiché il nemico li incalzava, si erano gettati nel fiume e, sotto il peso delle armi e stremati per la battaglia e la fuga, venivano inghiottiti dai flutti. Ormai non solo il ponte, ma nemmeno il fiume conteneva i fuggitivi, che avventatamente si ammassavano. Quando il panico penetra nell'animo, (gli uomini) temono solo ciò che hanno iniziato a temere per primo. Alessandro, ai suoi che lo invitavano a non interrompere l'inseguimento di un nemico che fuggiva impunemente, addusse come pretesto che le armi erano spuntate, le mani stanche, i corpi esausti per il tanto correre e la notte imminente; in realtà, preoccupato per l'ala sinistra, che credeva stesse ancora in battaglia decise di tornare indietro per portare aiuto ai suoi. E già aveva voltato le insegne, quando i cavalieri inviati da Parmenione gli annunziarono la vittoria anche di quella parte. Ma in quel giorno non andò incontro a nessun pericolo maggiore di quando riportò le truppe nell'accampamento. Lo seguivano pochi soldati, in file scomposte, esultanti per la vittoria, perché credevano che tutti i nemici fossero o caduti sul campo di battaglia o sparpagliati in fuga:
quando improvvisamente apparve di fronte una colonna di cavalieri, che dapprima arrestarono la corsa, poi, visto il piccolo numero di Macedoni, spronarono lo squadrone contro di loro. Il re marciava davanti al drappello, avendo dissimulato più che disprezzato il pericolo. E non gli mancò nelle situazioni rischiose la buona sorte.
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