Eco e Narciso (2)

Narcissus, venator Arcadicus, pulcher adulescens erat, superbus tamen. Pulchritudine corporis sui inflatus, preces infelicis Echus dignas auxilio non aexistimabat....

Narciso, cacciatore Arcadico, era un bel giovane, (era) tuttavia presuntuoso.

Tronfio per la bellezza del suo corpo, non considerava degne di soccorso le preghiere della sfortunata Eco. Perciò gli dei superiori (del cielo) stabilirono di punire il giovane, ed infusero nel duro animo di Narciso un nuovo desiderio: egli s'innamorò di se (stesso) e della propria bellezza. Un giorno, dopo le fatiche della caccia, mentre placava la sete presso un limpido lago, egli vide il proprio aspetto nell'argentea acqua del lago, e fu preso dallo stupore e da un folle amore di sé. Per lungo tempo rimase immobile, e con occhi intenti, contemplava la propria immagine nello specchio placido dell'acqua, e non percepiva né la fame, né la sete, ma, per giorni e notti interi, egli osservava fisso l'acqua. Quando, poco alla volta, le forze abbandonarono il giovane, anche allora egli restò immobile vicino al lago, e non distolse gli occhi dalla propria immagine nell'acqua.

Così il giovane arrogante morì, e poi, al suo posto suo, fu rinvenuto un delicato fiore bianco e rosso: gli dei mutarono l'arrogante cacciatore arcadico in un esile fiore, per l'amore disprezzato dell'infelice Eco.

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