Enea

Antiqui poetae Aeneam ("Enea", acc sing. ), Veneris et Anchisae fiìium, magnis laudibus ob mirant pietatem erga (erga acc, "verso") deos ef homines celebrabant....

I poeti antichi celebravano Enea, il figlio di Venere e di Anchise, con grandi elogi, per via della straordinaria devozione verso gli dèi e verso gli uomini.

Quando i Greci, per mezzo del tranello del cavallo, espugnano Troia, l'illustre città, Enea fugge dalla patria portando sulle spalle il padre anziano. (Egli) vagabonda lungamente a causa della collera di Giunone, sempre ostile ai Troiani; a quel punto, dopo molte fatiche e (dopo) molti pericoli, arriva a Cartagine, dove, come raccontano i poeti, il condottiero dei Troiani è ospite presso la regina Didone (lett. : "è in ospitalità presso la regina Didone"). Poi si imbarca su una nave, e si dirige in Italia;

alla fine, insieme a pochi sopravvissuti, arriva sulle coste del Lazio, dove regnava il re Latino. Per prima cosa, il re dei Latini stipula con i Troiani un patto di futura alleanza, poi concede in matrimonio al condottiero degli stranieri la (propria) figlia Lavinia.

Pertanto Latino suscita la collera di Turno, il re dei Rutuli, promesso sposo di Lavinia: allora Turno viene allo scontro con Enea, e muore. E così Enea fondava una città e, dal nome della (propria) moglie, la chiamava "Lavinio".

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