Felicità degli uomini primitivi - VERSIONE e traduzione latino

Felicità degli uomini primitivi
Autore: sconosciuto

Quid hominum illo genere felicius? In commune rerum natura fruebantur; sufficiebat illa ut parens in tutelam omnium; haec erat publicarum opum secura possessio.

Quidni ego illud locupletissimum mortalium genus dixerim in quo pauperem invenire non posses? Inrupit in res optime positas avaritia et, dum seducere aliquid cupit atque in suum vertere, omnia fecit aliena et in angustum se ex inmenso redegit. Avaritia paupertatem intulit et multa concupiscendo omnia amisit. Licet itaque nunc conetur reparare quod perdidit, licet agros agris adiciat vicinum vel pretio pellens vel iniuria, licet in provinciarum spatium rura dilatet et possessionem vocet per sua longam peregrinationem: nulla nos finium propagatio eo reducet unde discessimus. Cum omnia fecerimus, multum habebimus: universum habebamus. Terra ipsa fertilior erat inlaborata et in usus populorum non diripientium larga. Quidquid natura protulerat, id non minus invenisse quam inventum monstrare alteri voluptas erat; nec ulli aut superesse poterat aut deesse: inter concordes dividebatur. Nondum valentior inposuerat infirmiori manum, nondum avarus abscondendo quod sibi iaceret alium necessariis quoque excluserat: par erat alterius ac sui cura. Arma cessabant incruentaeque humano sanguine manus odium omne in feras verterant. Illi quos aliquod nemus densum a sole protexerat, qui adversus saevitiam hiemis aut imbris vili receptaculo tuti sub fronde vivebant, placidas transigebant sine suspirio noctes.

Sollicitudo nos in nostra purpura versat et acerrimis excitat stimulis: at quam mollem somnum illis dura tellus dabat!
Ci può essere generazione di uomini più felice di quella? Insieme godevano i prodotti della natura che, come una madre, bastava al sostentamento di tutti, e, senza pericolo, possedevano le ricchezze in comune. Perché non dovrei definire ricchissimi quegli uomini tra cui non avresti potuto trovare un solo povero? L'avidità fece breccia in quelle eccellenti condizioni di vita e mentre desiderava sottrarre dei beni e farli suoi, fu privata di tutto e da una ricchezza smisurata si ridusse in ristrettezze. L'avidità portò la miseria: desiderando troppo, perse ogni cosa. Si sforzi pure, adesso, di recuperare ciò che ha perduto, aggiunga campi su campi, scacciando il vicino col denaro o con la violenza, estenda le campagne a intere province e la parola possesso significhi un lungo viaggio attraverso le proprie terre: nessun ampliamento di confini ci riporterà al punto di partenza. Facciamo tutto il possibile: avremo molto; ma prima avevamo tutto. Anche la terra, senza lavorarla, era più fertile e generosa verso le necessità degli uomini che non si contendevano i suoi frutti.

Era un piacere sia trovare i prodotti della terra, sia mostrarli agli altri; nessuno poteva avere troppo o troppo poco: si divideva in pieno accordo. Il più forte non aveva ancòra messo le mani sul più debole, l'avaro non aveva ancòra tolto anche lo stretto necessario al prossimo, nascondendo il capitale inutilizzato: ognuno aveva la stessa cura di sé e degli altri. Non si combatteva e le mani, senza spargere sangue umano, riversavano tutta la loro aggressività sulle fiere. Quegli uomini che si riparavano dal sole nel fitto di un bosco, che per sfuggire l'inclemenza dell'inverno e della pioggia vivevano al sicuro in un umile rifugio sotto le fronde, passavano notti tranquille senz'ansia. Ora in preda all'angoscia noi ci rivoltiamo nei nostri letti lussuosi e ci pungolano aspri tormenti; su quella terra dura, invece, che placidi sonni per loro!

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