Gesti sacrileghi di Dionigi

Constat Dionysium, Syracusarum tyrannum, impie et sacrilege saepe egisse neque deorum iram umquam timuisse....

È noto a tutti che Dionigi, il tiranno di Siracusa, spesso agì scelleratamente e in maniera sacrilega, e che non avesse mai temuto la collera degli dèi.

Dopo che aveva derubato il santuario di Proserpina a Locri, Dionigi navigava alla volta di Siracusa e, mentre teneva la rotta grazie al vento favorevole, ridendo disse ai compagni che non era vero che gli uomini sacrileghi venivano puniti dagli dèi, ma che, anzi, dagli dèi immortali era concessa ai sacrileghi una navigazione propizia. Infatti, mentre sedeva sulla poppa e contemplava la distesa del mare, ridendo diceva: "Come vedete, o amici, gli dèi immortali ebbero intenzione di concedere una navigazione propizia a me, che avevo compiuto numerose azioni scellerate e sacrileghe". Una volta Dionigi, che aveva attraccato la flotta nel Peloponneso ed era giunto nel tempio di Giove Olimpio, rubò dalla statua del dio un mantello dorato di grande peso, e affermò scherzosamente che quel mantello d'estate era troppo pesante per il dio, e che invece in inverno era freddo; quindi gettò addosso al dio un mantello di lana e disse che quello era un indumento adatto ad ogni stagione dell'anno. In seguito ordinò che la barba d'oro di Esculapio venisse rimossa, poiché riteneva che non era opportuno che un figlio sia barbuto, quando il padre Apollo si trova in tutti i templi senza barba.

Ordinò anche che venissero portate via anche le tavole d'argento da tutti i santuari. Infine Giove non colpì Dionigi né con un fulmine né Esculpaio lo uccise con una malattia, ma morì nel suo letto.
(By Φιδες rivista e corretta da AM. Di Leo)

Qui la regola sulle infinitive - Spiegazione video

Versione stesso titolo ma diversa tratta da altro libro

Constat Dionysium, Syracusarum tyrannum, impie et sacrilege saepe egisse neque deorum iram umquam timuisse....

È chiaro che Dionisio, Tiranno di Siracusa, agiva spesso empiamente e in modo sacrilego e che non temeva mai l'ira degli dèi.

Dopo che aveva depredato a Locri il santuario di Proserpina, Dionisio navigava in direzione di Siracusa e, dato che la nave grazie al vento favorevole teneva placidamente la rotta, ridendo mostrò agli amici che veramente gli uomini sacrileghi non erano puniti dagli dèi, anzi in verità ai sacrileghi veniva offerta dagli dèi immortali una buona navigazione. Infatti mostrava agli amici la superficie tranquilla del mare e diceva:

"Amici, gli dèi immortali concedono a me, che avevo commesso molte azioni empie e sacrileghe, una buona navigazione!" Una volta Dionisio, che aveva spinto la flotta verso il Peloponneso ed era giunto al santuario di Giove Olimpio, sottrasse dalla statua della divinità il mantello d'oro di gran valore e affermò scherzosamente che tale mantello per la divinità era pesante d'estate, in inverno era fresco; poi gettò su Giove il pallio di lana e disse che quello era l'indumento adatto per ogni stagione dell'anno. Poi ordinò che fosse strappata la barba d'oro del Dio Esculapio, perché pensava che non fosse conveniente che fosse barbuto il figlio, il cui padre Apollo era senza barba.

Ordinò anche che fossero portate via tutte le mense d'argento da tutti i templi. Dionisio alla fine non fu punito né da Giove né da Esculapio ma visse a lungo e morì nel proprio letto.

Versione tratta da Velleio Patercolo

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