Giove ed Europa

Non bene conveniunt nec in una sede exsistunt divina maiestas et amor: hoc demonstrat fabella de amore Iovis erga Europam....

Non si concordano bene e non coesistono un unico luogo l'autorità divina e l'anore: questo lo dimostra la favola sull'amore di Giove verso Europa.

La mano destra di Giove (dice il poeta Ovidio) è armata da folgori triforcute, Giove agita l'orbita delle terre con un fulmine, ma non esita ad assumere l'aspetto di un toro e nello stesso tempo (non esita) a quando è incendiato d'amore per una bella fanciulla. Sulla spiaggia di Tiro, Giove scorge la bella ragazza Europa, figlia del grande re: la fanciulla gioca nel prato con le ancelle.

Allora il dio si trasforma un toro. I l suo colore è bianco come la neve, l'aspetto di straordinaria grandezza; mansueto e calmo, si avvicina alla ragazza. La figlia del re viene smossa dalla meraviglia del toro divino: dapprima, ella ha paura di toccarlo, sebbene (sia) mansueto, ma poi avanza e porge dei fiori al candido animale. Giove gioisce: ora esulta tra le erbe e appoggia il candido fianco sulla sabbia.

Poco alla volta Europa abbandona la paura e, incauta, accarezza la fronte del toro. Inconsapevole dell'agguato di Giove, osa sedersi sul dorso del toro. A quel punto il dio, un passo alla volta, mette i piedi fra le onde: rapido, porta via la giovane spaventata, attraverso il mare, fino all'isola di Creta. A Creta, Europa genera da Giove Minosse.

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