L'appello di Cicerone ai senatori

Omnis ingenuorum adest multitudo, etiam tenuissimorum. Quis est enim, cui non haec templa, aspectus urbis, possessio libertatis, lux...

È presente tutta la moltitudine di uomini liberi, anche di quelli di bassa estrazione. Chi è infatti, a colui che questi templi, l'aspetto della città, l'appropriazione della libertà, e poi questa stessa luce e questo comune suolo della patria non sia tanto caro, quanto in verità dolce e piacevole?

Stando tali cose così, senatori iscritti, non vi mancano i presidi del popolo romano: voi provvedete a non venire meno al popolo romano. Avete un console che si è salvato dai moltissimi pericoli e dall'insidia e dalla morte mediocre non per la sua vita, ma per la vostra salvezza.

Tutte le categorie, affinché possa essere preservato lo stato, si accordano nella mente, nella volontà, nello zelo, nella virtù, nella voce. La patria comune assediata dalle fiaccole e dai dardi supplichevole dell'empia congiura vi tende le mani si affida, a voi affida la vita di tutti i cittadini, a voi la rocca e il campidoglio, a voi gli altari dei penati, a voi quel fuoco sempre acceso di vesta, a voi i templi e i santuari di tutte le divinità, a voi le mura e i tetti della città.

E nessuna forza potrebbe infrangere e scrollare la vostra unione e e dei cavalieri romani e la cospirazione tanto grande degli onesti.

Versione tratta da Cicerone

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