L'asino che vuole accarezzare il padrone
Asinus cotidie videbat catellum blandiri domino et de mansa saturari... Fabula monet ne homo indignus melioris officium facere conetur.
Ogni giorno un asino vedeva un cagnolino che era accarezzato dal padrone e che era nutrito (sătŭro, as, āvi, ātum, āre) a mensa e che dalla servitù a lui erano riservati molti e migliori cibi che agli altri animali.
L'asino così disse fra sé: "Se il padrone e la sua servitù amano tanto uno spregevolissimo cane, io che sono molto migliore del cane e di molto più lodevole e più utile, avrò da loro un cibo raffinato e squisito se farò delle carezze al padrone". Mentre pensava questo l'asino vide che arrivava il padrone.
Velocissimo gli corse incontro, si precipitò (prōsĭlĭo, is, sĭlŭi o sĭlīvi o sĭlĭi, īre) con un gran fracasso e gli piantò ambedue le zampe sulle spalle, leccandolo con la lingua e, dopo avergli strappato la veste con le unghie, rischiò di schiacciare il padrone col suo peso. Tutta le servitù fu scossa (concĭto, as, āvi, ātum, āre) dal grido del padrone: afferrano bastoni e pietre e si lanciano contro l'asino.
Alla fine, dopo avergli percosso (confringo, is, frēgi, fractum, ĕre) membra e costole, lo portano nella stalla, sfinito e mezzo morto. Il racconto ammonisce: l'uomo incapace non cerchi di fare il compito di uno migliore (di lui).
(By Geppetto)
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