L'occhio del padrone...

Cervus, nemore excitatus, ut venatores fugeret, caeco timore perterritus, proximam villam petivit et in bubili se condidit....

Un cervo, stanato dal bosco, per sfuggire ai cacciatori, atterrito da un tetro timore, si diresse verso una vicina casa di campagna e si nascose nella stalla dei buoi (būbīlĕ, is). Quindi un bue a lui: "Cosa hai in mente (vŏlo, vīs, vŏlŭi, velle), o infelice?

- chiede - a chi speri di affidarti? Oltretutto se rimarrai qui sotto la dimora dell'uomo, correresti pericolo". Ma quello supplichevole: " Almeno voi, aiutatemi, nessuno mi vedrà e, appena ci sarà l'occasione, fuggirò di nuovo". Al vespro il bovaro porta dei rami frondosi nella stalla e non vede alcunché.

Tutti i servitori vanno e vengono: nessuno si accorge del cervo. Anche il villico passa e neanche lui percepisce alcunché. Allora il cervo (errore di stampa : cervus), ripresosi dalla paura, cominciò a ringraziare (porgere grazie ai) i buoi perché gli avevano offerto ospitalità in una circostanza pericolosa. Uno risponde: "Noi tutti ti vogliamo salvo, ma chi può dire ciò con certezza? Infatti se verrà quello che ha cento occhi, la tua vita sarà in gran pericolo". Dopo la cena il padrone stesso va nella stalla, si avvicina alla mangiatoia e: "Perché c'è poco fieno?

Perché mancano le lettiere?". Allora va in cerca dappertutto, vede anche le corna del cervo ed ordina che sia ucciso. Questo racconto insegna che nessuno meglio di un padrone possa vedere meglio le sue cose.
(By Geppetto9)

Versione tratta da Fedro

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