La saga degli Argonauti: Giasone conquista il vello d'oro
In Colchide aureum vellus arietis, quem Phrixus Marti immolaverat, in densa silva e magna quercu pendebat: tauri e naribus ignem efflantes et draco immanis horribilisque pretiosum vellus advigilabant....
Il vello d'oro dell'ariete, che Frisso aveva consacrato a Marte, pendeva da un'imponente quercia in una fitta foresta, in Colchide: dei tori che soffiavano fuoco dalle narici ed un drago gigantesco e spaventoso sorvegliavano il prezioso vello.
Intanto in Tessaglia, nella città di Iolco, regnava Pelia, che aveva ucciso con l'inganno il fratello Esone ed aveva usurpato il suo regno. Ma Esone, quando era sul punto di morire, poiché temeva l'insidia di Pelia, affidò al centauro Chirone il piccolo figlio Giasone, che aveva già nascosto sul monte Pelio. Dopo vent'anni Giasone, giovane che eccelleva tra tutti i coetanei quanto a forze fisiche e a nobiltà d'animo, era ritornato a Iolco allo scopo di reclamare il regno dallo zio. Ma Pelia disse che gli avrebbe restituito il regno, se gli avesse portato il vello d'oro che era custodito in Colchide.
Poiché quell'impresa era oltremodo difficile, Giasone scelse come compagni della spedizione i più forti eroi del suo tempo e, su aiuto della dea Atena, fabbricò un'imbarcazione bella e veloce, che chiamò Argo. Quando giunse in Colchide, egli, con l'aiuto della maga Medea, figlia del re, domò i tori che soffiavano fuoco e, dopo aver ucciso lo spaventoso drago, rubò il vello d'oro e lo portò a Pelia.
Ma quando Pelia non volle restituire il regno al nipote, Medea che si era unita in nozze con Giasone, lo adescò con i suoi incantesimi e lo uccise con il veleno: così Giasone si riprese il regno.
Versione tratta dalle Fabulae mythologicae
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