La statua di Giunone portata a Roma da Veio - versione LATINA LECTIO

La statua di Giunone portata a Roma da Veio
Autore: sconosciuto
Latina Lectio n. 466 pag. 618

Cum iam humanae opes egestae a Veiis essent, amoliri tum deum dona ipsosque deos, sed colentium magis quam rapientium modo, coepere.

namque delecti ex omni exercitu iuuenes, pure lautis corporibus, candida ueste, quibus deportanda Romam regina Iuno adsignata erat, uenerabundi templum iniere, primo religiose admouentes manus, quod id signum more Etrusco nisi certae gentis sacerdos attractare non esset solitus. Dein cum quidam, seu spiritu diuino tactus seu iuuenali ioco, "uisne Romam ire, Iuno?" Dixisset, adnuisse ceteri deam conclamauerunt. Inde fabulae adiectum est uocem quoque dicentis uelle auditam; motam certe sede sua parui molimenti adminiculis, sequentis modo accepimus leuem ac facilem tralatu fuisse, integramque in Auentinum aeternam sedem suam quo uota Romani dictatoris uocauerant perlatam, ubi templum ei postea idem qui uouerat Camillus dedicauit.
Quando i beni privati erano già stati asportati da Veio, i vincitori cominciarono a portarsi via anche i tesori degli dèi e gli dèi stessi, pur facendolo però con spirito di autentica devozione e non con foga da razziatori.

Infatti all'interno di tutto l'esercito vennero scelti dei giovani che, dopo essersi lavati accuratamente e aver indossato una veste bianca, ebbero l'incarico di trasferire a Roma Giunone Regina. Una volta entrati nel tempio pieni di reverenza, essi in un primo tempo accostarono piamente le mani al simulacro della dea perché secondo la tradizione etrusca quell'immagine non doveva esser toccata se non da un sacerdote proveniente da una certa famiglia. Poi, quando uno di essi, vuoi per ispirazione divina, vuoi per celia giovanile, disse, rivolto al simulacro: «Vuoi venire a Roma, Giunone?», tutti gli altri gridarono festanti che la dea aveva fatto un cenno di assenso con la testa.

In séguito alla storia venne anche aggiunto il particolare che era stata udita la voce della dea rispondere di sì. Di certo però sappiamo che (come se la statua avesse voluto seguire volontariamente quel gruppo di giovani) non ci vollero grossi sforzi di macchine per rimuoverla dalla sua sede: facile e leggera a trasportarsi, la dea approdò integra sull'Aventino, in quella zona cioè che le preghiere del dittatore avevano invocato come la sede naturale a lei destinata per l'eternità e dove in séguito Camillo le dedicò il tempio da lui stesso promesso nel pieno della guerra.

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