Le oche del Campidoglio - versione latino

Dal libro Latino Laboratorio 1

Inizio: Galli de Alpibus in Italiam descenderunt... Fine: et Roma anserum clangoribus servata est.

I Galli discesero dalle Alpi in Italia e misero a ferro e fuoco tutta la regione. All'improvviso il terrore della morte e la paura dei nemici invasero tutti gli abitanti delle città.

Subito contro le ingenti truppe dei barbari fu mandato dai Romani un console con due legioni, ma i Galli assalirono il console e le sue legioni e con un aspro combattimento (li) vinsero presso il fiume Allia, poi si avvicinarono a Roma. Allora i Romani, presi dalla paura, abbandonarono la città e con i vecchi, le donne e i figli si rifugiarono nei boschi.

I barbari senza pericolo arrivarono in città e presero d'assedio il Campidoglio, rocca di Roma. Ormai i Galli scalavano le mura della rocca, quando improvvisamente le vigili oche svegliarono dal sonno con forti schiamazzi Marco Manlio, custode del Campidoglio.

Allora Manlio chiamò i soldati Romani, che combatterono con enorme forza e respinsero i Galli: perciò il Campidoglio fu liberato dalle insidie dei barbari e Roma fu salvata dagli schiamazzi delle oche.

Laboratorio Latino Volume 1 pagina 101 numero 17

Gallorum milites Romanos vicerunt et Romam venerunt: urbis cives ...... civitas in Capitolio collocavit et M.Manlio Capitolinum nomen tribuit.

Le truppe dei Galli vinsero i Romani e vennero a Roma: i cittadini della città vennero sconfitti e vennero messi in fuga. Il Campidoglio era difeso da pochi soldati dei Romani con eccellente virtù.

Di notte la guardia dei Romani dormiva tranquillamente, ma il primo dei Galli giunse con le scale nella rupe scoscesa del Campidoglio;

ma ora le oche, che erano sacre a Giunone, emisero un alto grido e svegliarono dal sonno Marco Manlio che allontanò il nemico e lo fece cadere dalla rupe. Così gli uccelli di Giunone salvarono la sede sacra degli dei dei Romani.

Dopo la cittadinanza romana collocò un'oca d'argento nel Campidoglio e Marco Manlio attribuì il nome Capitolino.

Dal libro La traduzione

Galli Urbem occupaverunt, deinde impetum facere in arcem statuerunt. Primo, militem qui tentaret viam praemiserunt....

I Galli occuparono l'Urbe, decisero poi di assaltare il Campidoglio. Dapprima inviarono un soldato per esplorare la strada da seguire.

Poi in una notte poco illuminata, sollevandosi e tirandosi su l'un l'altro fino al culmine della roccia, i Galli salirono, così silenziosamente che non solo ingannarono le sentinelle ma non allertarono neppure i cani. Non ingannarono tuttavia le oche, che nonostante l'estrema carestia, i Romani avevano risparmiato perché erano uccelli sacri a Giunone; la qual cosa fu la salvezza dei Romani.

E infatti svegliato dallo starnazzare delle oche e dal battito delle loro ali, Manlio, uomo eccellente in guerra, chiamando alle armi gli altri buttò di sotto i Galli che si arrampicavano:

da ciò iniziò l'uso di portare intorno in solenne processione un cane infilato su di un forcone; ma un'oca viene portata su di una lettiga e su di un tappeto, come in trionfo

Dal libro Cotidie Legere

Gallorum milites Romanos vicerunt et Romam venerunt: .... civitas in Capitolio collocavit et M.Manlio Capitolinum nomen tribuit.

Le bande dei Galli superarono le Alpi, irruppero in Italia e devastarono col ferro e col fuoco ogni luogo.

Il terrore della morte e la paura dei Galli improvvisamente si impadronirono degli abitanti di città e villaggi. Il popolo Romano inviò contro la moltitudine dei barbari uno dei consoli con le legioni, ma nella battaglia presso il fiume Allia i Galli sconfissero le truppe romane e le misero in fuga, e subito cinsero d'assedio l'Urbe.

Anziani, bambini e donne si rifugiarono nelle città vicine; solo i giovani rimasero e trovarono la salvezza nella rocca Capitolina.

Ma poco dopo i Galli assediarono anche la rocca, i versi delle oche svegliarono M. Manlio: così i Romani gettarono giù dal muro i corpi dei barbari, e di nuovo salvarono Roma con le armi ed il valore.

Dal libro Navigare

Interim, quoniam Galli appropinquabant, arx Romae Capitolium in ingenti pericolo fuit. .... saxis missilibusque hostes proturbabant ac tota Gallorum acies in praeceps ruit

Nel frattempo, poiché i Galli si avvicinavano, la rocca di Roma ed il Campidoglio fu in grandissimo pericolo.

Infatti in una notte poco chiara tentano l'ascesa per espugnare la rocca, e pervengono in così grande silenzio alla sommità del colle che non solo le sentinelle della rocca ma anche i cani, animali sensibili ai rumori notturni, non udirono i nemici che arrivavano.

Ma in Campidoglio venivano allevate delle oche sacre a Giunone: ormai i Galli stavano per conquistare la rocca, quando T. Manlio, uomo valoroso in guerra, svegliato dal rumore e dallo strepito delle oche, subito prese le armi e, chiamando alle armi tutta la gioventù, dall'alto della rocca gettò giù i Galli.

I giovani romani, trascinati dall'esempio di Manlio, respingevano i nemici con lance, sassi e frecce e tutto l'esercito dei Galli cadde nel precipizio.

Dal libro Lingua Mater

Incompositae Gallorum catervae praerupta Alpium iuga superaverunt, in Italiam irruperunt atque cuncta loca ferro ignique vastaverunt. ...

Le moltitudini disordinate dei Galli superarono le sommità scoscese delle Alpi, invasero l'Italia e devastarono tutti i luoghi a ferro e a fuoco.

Il terrore della morte e il timore dei Galli invasero velocemente gli abitanti delle città e dei villaggi. Allora il popolo Romano mandò contro l'immensa orda di barbari uno dei due consoli con le legioni, ma i Galli sbaragliarono le truppe dei Romani in battaglia presso il fiume Allia e le misero in fuga; poi giunsero a Roma e cinsero d'assedio le mura. I vecchi,i bambini e le donne si rifugiarono nelle città vicine a Roma; solo i giovani decisero di restare e trovarono riparo sulla rocca del Campidoglio.

Ma subito i Galli assediarono anche la rocca. Mentre a notte fonda i Galli scalano di nascosto il muro del Campidoglio,le oche, allevate sulla rocca per i sacrifici, agitano le ali con gran strepito e con il loro starnazzio svegliano M.Manlio.

Subito i Romani corsero alle armi,gettarono giù dalle mura i barbari e salvarono nuovamente Roma con le armi e la virtù.

Dal libro la traduzione latina bis

Cum Galli de Alpibus cum ingenti militum numero descenderunt omnia ferro ignique vastaverunt. Mortis terror hostiumque vehemens ..

Quando i Galli scesero dalle Alpi con un grande numero di soldati, devastarono ogni cosa con il ferro ed il fuoco.

Repentinamente la paura della morte ed un irrefrenabile terrore dei nemici invasero tutti gli abitanti delle città. Subito i Romani inviarono contro le numerose soldatesche dei barbari un console con due legioni. Ma i Galli assalirono le legioni e vinsero con una dura battaglia presso il fiume Allia.

Allora la paura prese i Romani ed essi abbandonarono Roma e con i vecchi, le donne ed i figli si rifugiarono nei boschi. Senza alcun rischio i barbari giunsero a Roma ed assediarono il Campidoglio, la rocca di Roma. I Galli stavano salendo sulle mura della rocca quando tutto ad un tratto le vigili oche con grandi starnazzi svegliarono dal sonno Marco Manlio, il custode del Campidoglio.

Allora il custode chiamò i soldati; quelli combatterono con grande violenza e respinsero i Galli: e così liberarono il Campidoglio dalle minacce dei barbari e gli starnazzi delle oche salvarono Roma.

Dal libro versioni latino per il triennio

Arx Romae Capitoliumque in ingenti periculo fuit. Namque Galli seu vestigio notato humano, qua nuntius a Veiis peruenerat, .....

La rocca romana ed il Campidoglio si trovarono in grave pericolo. Infatti i Galli, avendo notato sia le tracce dalla parte in cui il messaggero era giunto da Veio, sia perché, di propria iniziativa, si erano resi conto, che, presso il tempio di Carmenta, c'era una parete rocciosa agevole da scalare, in una notte serena, avendo mandato prima in avanscoperta un uomo disarmato che provasse il percorso, poi portando con sé le armi, quando c'era qualche difficoltà, si sostenevano e si sollevavano a vicenda gli uni con gli altri e trascinandosi reciprocamente, come il luogo richiedeva, in tanto silenzio raggiunsero la sommità tanto che non solo ingannarono le sentinelle, ma non fecero svegliare neppure i cani, animali che facilmente su destano ai rumori notturni.

Non ingannarono però le oche che, in quanto sacre a Minerva, nonostante la grande scarsità di cibo, tuttavia non ne rimanevano mai prive. E questo fatto garantì la salvezza; infatti svegliato dallo strepito delle ali e dal loro starnazzo M. Manlio, uomo valoroso in guerra, che tre anni prima era stato console, impugnate le armi, contemporaneamente si fa avanti chiamando tutti gli altri a combattere, e mentre gli altri si affrettano a prepararsi, egli fa precipitare un Gallo, che già si trovava in cima, colpendolo con lo scudo.

Mentre la caduta di costui, che era scivolato, travolgeva quelli più vicini, Manlio uccide altri Galli impauriti che, abbandonate le armi, tentavano di avvinghiarsi con le mani alle rocce, alle quali erano aggrappati.

Dal libro Il tantucci laboratorio 1

Postquam Galli Senones ad Alliam fl umen Romanos... e somno excutiunt. Ita hostium irruptio a Romanis repelitur.

Dopo che i Galli Senoni avevano vinto i Romani al fiume Allia, si avvicinano alle mura di Roma. A Roma c'erano pochi soldati e non poterono salvare tutta la città.

Per questo motivo i Senatori decidono di ritirarsi sul Campidoglio con le donne ed i figli e poi (era infatti il luogo munito ed elevato, e dove si trovavano molti templi degli dei) di difendere dei, uomini ed il buon nome Romano.

Intanto i Galli penetrano in città, perché non c'era alcuna difesa, entrano nella Curia e trucidano molti senatori con crudeli ferite e rubano il denaro. Poi sopraggiunge la notte ed i nemici salgono in armi al Campidoglio.

I Romani dormivano profondamente, ma subito le oche sacre di Giunone, disturbate dai conquistatori, producono un grande clamore con i loro acuti versi e svegliano dal sonno le sentinelle. Così l'irruzione dei nemici è respinta dai Romani.

Dal libro Prima Lectio

Galli Romanos obsidebant; virorum manipulus Capitolium defendebat et...e somno suscitant. Ita Romani Gallos repellunt et in pugna vincunt.

I Galli assediavano i Romani; un manipolo di soldati difendeva il Campidoglio e resisteva coraggiosamente. Di notte i Galli salgono sul Campidoglio, ma le sentinelle non si accorgono dei Galli. Ma lì c'erano le oche sacre a Giunone: sentono i Galli, schiamazzano e svegliano i romani dal sonno. Così i Romani respingono i Galli e vincono la battaglia.

Dal libro La traduzione del latino

Galli Urbem occupaverunt, deinde impetum facere in arcem statuerunt. Primo, militem ..... anser vero velut triumphans in lectica et veste stragula gestetur.

I Galli occuparono l'Urbe, decisero poi di assaltare il Campidoglio. Dapprima inviarono un soldato per esplorare la strada da seguire.

Poi in una notte poco illuminata, sollevandosi e tirandosi su l'un l'altro fino al culmine della roccia, i Galli salirono, così silenziosamente che non solo ingannarono le sentinelle ma non allertarono neppure i cani. Non ingannarono tuttavia le oche, che nonostante l'estrema carestia, i Romani avevano risparmiato perché erano uccelli sacri a Giunone; la qual cosa fu la salvezza dei Romani.

E infatti svegliato dallo starnazzare delle oche e dal battito delle loro ali, Manlio, uomo eccellente in guerra, chiamando alle armi gli altri buttò di sotto i Galli che si arrampicavano:

da ciò iniziò l'uso di portare intorno in solenne processione un cane infilato su di un forcone; ma un'oca viene portata su di una lettiga e su di un tappeto, come in trionfo.

Dal libro Monitor

Galli post celerem victoriam Romam properant atque cives profligant et fugant ...

Dopo la famosa vittoria, i galli si dirigono in fretta a Roma e sconfiggono e mettono in fuga gli abitanti.

Poi cingono d'assedio il Campidoglio, roccaforte di Roma. Il Campidoglio è difeso da pochi cittadini Romani di straordinario valore. Durante la notte, mentre il corpo di guardia dei Romani, quieto, si da al riposo, un soldato Gallo si avvicina con delle scale alla scoscesa rupe del Campidoglio, ma le vigili oche, sacre alla dea Giunone, col forte schiamazzo e con l'agitazione delle ali, svegliano dal sonno Marco Manlio, custode del Campidoglio.

L'uomo Romano allontana l'uomo e lo fa cadere giù dalla rupe. Così le sedi sacre degli dei Romani sono salvate dagli uccelli di Giunone.

In seguito la popolazione Romana porrà un'oca d'argento sul Campidoglio e darà a Marco Manlio il soprannome di Capitolino.

Dal libro Lingua et mores

Capitolium spatium ad sacra erat cum Iovis Optimi Maximi, Iunonis .......

Il Campidoglio era lo spazio urbano per i riti sacri con i templi di Giove Ottimo Massimo, Giunone e Minerva.

I Galli già da tempo assediavano il Campidoglio: a causa dell'assedio dei Galli, i Romani abbandonarono la città e si rifugiarono a Veio. I soli pochi uomini valorosi difendevano il Campidoglio e resistevano con coraggio.

Così i Galli non occuparono il Campidoglio. Ma durante la notte i Galli giunsero sul Campidoglio per la depredazione e le sentinelle non li videro. Ma lì vi erano la oche sacre a Giunone. Sentirono i Galli e svegliarono dal sonno i Romani.

Così i Romani misero i Galli in fuga e li sconfissero in combattimento. Poi il tribuno si mostrò irato nei confronti delle sentinelle e le punì, poiché avevano vigilato male il Campidoglio.

Dal libro Didici

Cum Galli in Latium irruperunt, Capitolium in magno periculo fuit....

Quando i Galli fecero irruzione in Lazio, il Campidoglio fu in grande pericolo. Infatti i Galli dapprima mandarono esploratori tra le tenebre della notte, poi in fila salirono silenziosamente sulla rocca.

Ma le oche sacre alla dea Giunone li sentirono e per questo motivo iniziarono a scuotere con forza le ali. Ciò giovò ai Romani. Infatti Marco Manlio, che era a capo del corpo di guardia, si accorse del loro baccano e chiamò i soldati alle armi. Mentre i Romani correvano alle armi, Manlio vide un Gallo che era già sulla sommità della rocca e lo getto giù con la punta dello scudo.

Egli trascinò con sé verso un luogo scosceso molti Galli, mentre il Romano trafiggeva con la spada coloro che erano giunti fino alla sommità e stavano attaccati ai massi.

Allora i Romani raccolsero delle pietre e le scagliarono contro le teste dei nemici, nel frattempo gli arcieri completarono la strage con le frecce.

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